Massalubrense,  Sorrento

La presenza artistica di Dionisio Lazzari a Sorrento e Sant’Agata sui due Golfi

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di Luigi Poi

Non sappiamo se Jacopo e Dionisio Lazzari, marmorari, architetti, scultori e maestri scalpellini visitarono la Penisola Sorrentina ma due loro importantissime opere che nel seicento contribuirono non poco a quella meravigliosa stagione artistica napoletana, sono presenti nella Cattedrale di Sorrento (Sede Vescovile) e nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie a Sant’Agata sui due Golfi. Trattasi di due altari, manufatti di marmo commesso con disegni intarsiati di pietre preziose, che videro la luce proprio nel seicento e proprio a Napoli e che a parere di Carlo Celano, nella sua ”Guida di Napoli (1692)”, vennero riconosciuti come due capolavori, ammiratissimi al suo tempo e visitati dalla nobiltà e dagli uomini di cultura dell’epoca. In particolare quello che faceva bella mostra di se nella Chiesa dei Girolamini (padri Oratoriani) dal 1654, opera di Dionisio Lazzari e che ora arricchisce (dal 1845) la Chiesa di Sant’Agata.

Un dono immenso grazie all’acquisto dell’allora Parroco Giovanni Battista Casola, dovuto principalmente all’amicizia con alcuni padri Girolamini. “Come è testimoniato dalla corrispondenza che Giovanni Battista tenne con gli stessi. Da quella corrispondenza si evince la determinazione dei Girolamini napoletani a voler vendere l’altare, smontato ed abbandonato nei sotterranei della Chiesa di San Filippo Neri, al parroco di Sant’Agata e non ad altri, ed è chiaro che gli stessi Padri non ne sottovalutavano il valore << avrete qualcosa di molto prezioso che all’origine costò migliaia di ducati>>; ( archivio privato Casola –D’Antonio )”. D’altronde “un altare di tale livello difficilmente poteva essere commissionato per qualche centro di provincia , esso si inserisce piuttosto in un contesto, tutto napoletano , che vide i vari Ordini religiosi competere fra loro con opere ed arredi sempre più prestigiosi“ – Renato Ruotolo, Documenti, notizie e conferme a proposito dell’altare della Chiesa di Sant’Agata- Settembre 2005.
Certamente non può passare inosservata la strana concomitanza della storia dei due altari, entrambi costruiti per due importanti Chiese napoletane, entrambi del seicento (quello di Sant’Agata nel 1654 e quello di Sorrento nel 1666), entrambi appartenenti alla stessa linea artistica del barocco napoletano, quella del commesso marmoreo, entrambi arrivati in Penisola Sorrentina con un percorso più fortuito che lineare, entrambi opera dello stesso artista entrambi lavori di scuola fiorentina. Entrambi infiorati da marmi preziosi, alabastri, pietre rare e preziose intagliate con grande talento, metalli dorati, (quello di Sant’Agata tutto su uno sfondo di madreperla). Anche le misure sono concomitanti, il primo centimetri 540 di lunghezza per 262 di altezza massima mentre quello della Cattedrale misura 490x 270.

Dell’arrivo a Sant’Agata del prezioso altare abbiamo già detto, per quanto riguarda quello della Cattedrale sorrentina dei Santi Filippo e Giacomo si ricorda che esso proviene dalla chiesa di San Marcellino a Napoli e fu acquisito per intercessione reale nel 1848, solo tre anni dopo l’arrivo dell’altro altare “Lazzari“ a Sant’Agata sui due Golfi. Suggestive coincidenze!
Certo è che quello di Sant’Agata conquistò subito vasta fama come si evince dai libri dei visitatori della chiesa, non mancarono poeti, scrittori, regnanti. Per esempio nel lontano 1931 ben 2.013 persone salirono a Sant’Agata a vedere l’Altare.
Fin dalla lontana Australia abbiamo avuto dei visitatori. I più numerosi sono stati gli Inglesi, gli Americani del nord ed i Tedeschi. Molti illustri personaggi hanno declinato le loro qualità : senatori, vescovi, deputati e perfino S.E. il Ministro delle finanze Antonio Mosconi”. Il 13 aprile del 1931 Sua Maestà Ferdinando I, re di Bulgaria, con una corte di generali visitò la Chiesa per osservare il prezioso altare. Ancora oggi, nonostante la decadenza culturale, spesso si avvicendano nella Chiesa appassionati di arte e studiosi del barocco seicentesco.

Meno conosciuto l’altare della Cattedrale di Sorrento, ma per gli esperti di questo tipo di manufatti artistici trattasi anch’esso di un assoluto capolavoro. Del resto non poteva non esserlo visto che fu comprato per “arredare” una delle Chiese Napoletane più importanti del seicento, la chiesa dei Santi Marcellino e Festo consacrata nel 1635 e a cui lavorarono anche Luigi Vanvitelli e Pietro d’Apuzzo. L’altare e la parete marmorea disegnati e realizzati da Dionisio Lazzari fu posta al centro della navata tra le statue dei due Santi (attribuite a Lorenzo Vaccaro) a cui l’imponente complesso religioso era dedicato. Questo monumento, oggi, ospita anche l’Università ed il Museo di Paleontologia di Napoli.
Poche indicazioni e scarsa pubblicistica, sia cartacea che in rete ne limitano i visitatori. Anche l’assenza di indicazioni, avvertenze e segnalazioni accumuna il destino di questi due capolavori.

Addirittura quello di Sant’Agata che veniva orgogliosamente vantato dalla data del suo arrivo fino agli anni ottanta del novecento è stato oggetto di una scelta sciagurata: l’eliminazione della grande targa di ferro battuto che ne segnalava la presenza nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Non si conosce chi fu il suggeritore di questa stolta operazione. Si può solo sperare che il giovane e bravo attuale parroco, don Marco Scolari, possa fare giustizia rintracciandola e rimettendola là dove fu posta nel giugno del 1930. “Spesso ci era accaduto che numerosi forestieri, pur avendo le guide, dove è citato l’altare prezioso della nostra Chiesa, non si rendevano conto se la Chiesa da visitare in Sant’Agata fosse la Parrocchia o ci fosse altra Chiesa. Urgeva la necessità di esporre l’avviso in diverse lingue in modo chiaro e con grandi caratteri “Monsignor Carlo Petrelluzzi , La voce amica , 1929-1935.
Detto, fatto! L’artigiano Giuseppe Aprile realizzò il lavoro artistico, una lastra di ferro con cornici ornamentali dal peso di ottanta chili, alta un metro e lunga un metro e 90 centimetri. Ma chi era Dionisio Lazzari?

Si formò artisticamente nella bottega del padre Jacopo, maestro marmorario fiorentino, chiamato nel 1600 a Napoli dal conterraneo Dionisio Nencioni di Bartolomeo affinché lo coadiuvasse nei delicati ed impegnativi lavori di impianto delle colonne di marmo nella Chiesa dei Padri Filippini. Jacopo nel 1613 sposò Caterina Papini, anch’essa fiorentina e figlia del valente artigiano Francesco. Dionisio nacque, dunque, a Napoli nel 1617 e fu tenuto a battesimo dal Nencioni e da Delia Vitale (moglie dello scultore fiorentino Naccherino). Padre e figlio realizzarono numerose opere a Napoli sia per Religiosi sia per la nobiltà. La loro bottega fu frequentata da numerosi giovani talenti e dai migliori artigiani marmorari ed argentieri che spesso lavoravano sui loro disegni. Altra singolare coincidenza si annota per il fatto che uno dei migliori allievi fu un artista di origine massese, Gian Domenico Vinaccia che apprese così bene le regole dell’architettura e la tecnica del disegno da conquistarsi un posto tra i grandi artisti del seicento. Il suo maestro Dionsio (cfr. C. Celano, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli – 1692) raggiunse una tale notorietà che gli stessi contemporanei vollero che fosse nominato “cavaliere”. Meriti che sono riconosciuti ancora oggi dagli studiosi contemporanei come Nicola Spinosa: “I lazzari rappresentano un notevole capitolo della storia dell’arte del seicento”.

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