Diario Politico©Raffaele Lauro,  Meta

Opinioni/A Meta è una questione di credibilità

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giudicedi Francesco Paolo De Ponte

Le vicende giudiziarie di Meta pongono un problema di credibilità oltre che d’immagine delle istituzioni locali che non è ragionevole minimizzare. In discussione non è solo la figura del Sindaco Tito, ma quella dell’istituzione Comune nel suo complesso. E’ giusto affermare che un avviso di garanzia non sia una sentenza di condanna e, quindi, che il Sindaco Tito e gli altri indagati non possano ritenersi colpevoli fino a che non sia stata emessa nei loro confronti sentenza di condanna definitiva.
Il giudizio di responsabilità penale non compete né ai giornali né all’opinione pubblica, ma al Magistrato. Epperò la valutazione politica dei fatti che sono emersi dagli articoli di stampa di questi giorni e non ultimo quanto apparso sul quotidiano Metropolis di oggi (una cronaca tutta incentrata su presunti abusi edilizi della struttura dell’Hotel Giosuè a Mare di cui il Sindaco è comproprietario) una qualche riflessione inducono a farla.

Il Sindaco, ne siamo certi, saprà dimostrare la sua estraneità ai fatti ed altrettanto sapranno fare gli altri, ma nel frattempo è indubbio che si ponga con forza un problema di credibilità dell’istituzione e delle persone. Al Sindaco ed agli altri coindagati, per continuare ad essere credibili, necessiterà conseguire una sentenza pienamente assolutoria, di certo non gioverà una decisione fondata su prescrizione dei reati o su qualche altra formula similare che lasci adito a dubbi.
Tralasciando l’esame dell’ipotesi corruttiva (come ovvio tutta da provare) avanzata dal Magistrato inquirente alcuni degli episodi contestati, è il caso delle luminarie montate in Piazza Casale ad ottobre del 2014 ovvero poco meno di tre mesi prima delle feste di fine anno (!!) e ancor prima di espletare la relativa gara d’appalto, appaiono sconcertanti.
Se risultasse vero quanto ipotizzato nell’accusa sarebbe probabilmente più che legittimo se il Giudice adottasse la decisione di mandare assolti i presunti protagonisti del caso ritenendo la vicenda null’altro che una chiara ipotesi di insipienza politica ed amministrativa. Un reato addebitabile non a volontà, ma ad evidente stato di confusione e disorientamento tale da escludere responsabilità penale!!

Non meno singolari sono i fatti che denunzia il giornalista di Metropolis nell’articolo apparso il 3 marzo sostanzialmente incentrato sulla descrizione di presunti abusi edilizi consumati all’Hotel Giosuè a Mare. Abusi che, relativi alla realizzazione nel 2007 di alcune stanze all’ultimo piano della struttura nonché alla chiusura, nel 2011, di una terrazza quasi a livello dell’arenile, risulterebbero contestati alla società di gestione ma non ai proprietari tra i quali vi sarebbe anche il Sindaco. Vien da chiedersi come mai il Comune di Meta abbia destinato le sanzioni adottate nel 2007 per la sopraelevazione solo alla società di gestione e come mai, nonostante fosse stata emanata nel 2011 (sempre e soltanto nei confronti della società di gestione) ordinanza di ripristino relativa alla chiusura di spazi prospicienti la spiaggia, non abbia successivamente e periodicamente verificato se fosse avvenuto o meno il ripristino. Qualche ulteriore chiarimento sarebbe opportuno per capire le ragioni per le quali, dopo che il Sindaco Trapani, nel 2014 ( praticamente alla fine del mandato), si era indotto a chiedere delucidazione su alcune pratiche edilizie tra cui quella relativa all’Hotel Giosuè a Mare, null’altro sia stato fatto. A quanto pare non sarebbe stato neppure rinnovato l’ordine di ripristino nei confronti dei proprietari della struttura dell’Hotel Giosuè a Mare e ciò nonostante nel frattempo fosse intervenuta una sentenza del TAR che confermava l’abusività della sopraelevazione.

E’ comprensibile l’imbarazzo che prova un Funzionario nel dover emettere sanzioni nei confronti del proprio sindaco, ma ciò non può ostacolare la macchina comunale. E’ questo un problema che deve rappresentarsi chi si pone volontariamente o involontariamente in una situazione di conflitto d’interessi con l’Ente che amministra. Tante altre potrebbero essere le domande alle quali sarebbe giusto offrire una risposta logica.
Evitando di andare troppo oltre negli interrogativi quanto è emerso fino ad oggi è sufficiente per affermare che senza risposte chiare e convincenti, tali da fugare tutti i dubbi, non è possibile continuare a rivestire alcun ruolo pubblico. L’assunzione di responsabilità deve riguardare tutti anche chi veste i panni dell’oppositore politico perché evidentemente non è stato abbastanza attento a quanto avveniva nel paese né ha svolto con diligenza il suo ruolo istituzionale. Il che è grave perché la funzione di controllo, verifica e denunzia che compete all’opposizione è determinate per il buon funzionamento delle istituzioni quanto quella di governo. E’ provato che il cattivo governo si alimenta ancor più sull’inefficienza di chi pure sarebbe istituzionalmente preposto a verificarne correttezza e capacità.
Solo fugando esaurientemente i dubbi ed assumendosi ciascuno le proprie responsabilità sarà possibile indurre il cittadino a credere di essere parte di uno stato di diritto e non di una repubblica delle banane. Per onestà intellettuale è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare precisando che almeno per quanto riguarda l’ordinaria amministrazione l’azione della giunta del Sindaco Tito si è manifestata in questi tre anni notevolmente più efficiente delle precedenti.

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