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Condono Edilizio, il Governo impugna la “riapertura” varata dalla Regione Campania

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condonoROMA – Ancora una volta a dire stop al condono edilizio è il Governo che impugna il provvedimento adottato dalla Regione Campania che estendeva la riaprtura dei condoni edilizi del 1985 e del 1994 a tutto il 2015 con la legge N°16 del 7 agosto scorso “Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere ordinamentale e organizzativo (collegato alla Legge di Stabilità regionale 2014)”. L’obiettico dichiarato dalla Regione, anche a seguito delle pressioni dei Comitati campani da anni impegnati su questo fronte, era quello di sbloccare le pratiche dei condoni edilizi in Campania del 1985 e 1994 depositate negli uffici comunali. Il Governo invece ha detto no perchè la norma è di competenza statale e la Regione non è facultata a intervenire. Da qui l’impugnativa che per l’ennesima volta chiude il caso anche se continuerà il balletto dei ricorsi (al Consiglio di Stato), delle promesse, degli impegni fino alle elezioni regionali del 2015. Il gioco sta tutti qui!

Questa l’impugnativa del Consiglio dei Ministri secondo cui la Legge Regionale vìola l’articolo 117 della Costituzione e più in particolare si pone in contrasto con: i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione); i principi fondamentali della legislazione statale in materia di governo del territorio (articolo 117, terzo comma, della Costituzione); le competenze esclusive statali in materia di tutela dell’ambiente e di tutela della concorrenza (articolo 117, secondo comma, lettere s) ed e) della Costituzione). Si legge, tra l’altro. nel ricorso del Governo:  “Sotto un primo profilo, deve rilevarsi che la disposizione è idonea a consentire sanatorie in zone “a rischio idraulico” individuate dai piani di bacino o dai piani stralcio di cui alla l. n. 183/1989, le cui relative misure di salvaguardia, in base alle disposizioni del d.P.C.M. 29 settembre 1998, punto 3.1, lettera a), possono prevedere per tali zone l’inedificabilità parziale. Al riguardo, è opportuno evidenziare che le prescrizioni più restrittive contenute negli atti di pianificazione di bacino hanno carattere vincolante per le Amministrazioni e gli enti pubblici e sono sovraordinate ai piani territoriali e ai programmi regionali, ai sensi dell’articolo 65, co. 4,5, e 6 del d.lgs. n. 152/2006. Pertanto, sotto questo aspetto la disposizione censurata invade la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, in violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione”.

“Sotto un diverso profilo deve osservarsi che la disposizione censurata, sotto le mentite spoglie di una proroga del termine per la definizione delle domande di condono riferite ad abusi ultimati entro le date previste dalle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994 e presentate nei termini previsti dalle medesime, possa di fatto tradursi in una ammissione dei soggetti richiedenti ad integrare, modificare, sviluppare in vario modo (anche su eventuale sollecitazione istruttoria dei comuni procedenti) le medesime domande, in tal modo determinando una oggettiva condizione di concreta possibilità che, stante il lunghissimo lasso di tempo trascorso dalla presentazione delle domande originarie, siano indirettamente ammessi all’esame dei Comuni (e conseguentemente al condono) ulteriori abusi successivamente posti in essere, quali ampliamenti, completamenti delle opere, ecc., senza che le Amministrazioni comunali siano in realtà nelle condizioni di poter effettivamente verificare caso per caso e distinguere ciò che è stato consumato e ultimato negli anni 1983 e 1993 e ciò che, invece, è stato realizzato (o proseguito, o completato) successivamente (e anche in data recente). Tali conseguenze naturali della disposizione in esame appaiono pressoché inevitabili in fatto ed espongono i beni paesaggistici e storico-artistici tutelati, già compromessi dagli abusi edilizi, al pericolo di un ulteriore peggioramento del livello di tutela, con evidente lesione dei valori protetti. Ancora, si ritiene che la disposizione censurata sia manifestamente irragionevole e sproporzionata, posto che la mancata disamina delle vecchie domande di condono da parte dei comuni non fa venir meno l’obbligo giuridico degli enti locali di concludere comunque i relativi procedimenti sulla base degli atti disponibili, con la conseguenza che il termine introdotto dalla disposizione de qua non può avere natura perentoria, ma solo ordinatoria o sollecitatoria. A fronte della inutilità della disposizione, quindi, appare eccessivo e sproporzionato il pericolo di danni ulteriori ai beni tutelati che la medesima è idonea a generare”.

 

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