Diario Politico©Raffaele Lauro

Si chiama ACE il decreto “Salva Italia” del Governo Monti

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Dalla bibita ricca di vitamine e di sali minerali con cui ci si rifocilla soprattutto d’estate ha derivato l’acronimo, Ace: Aiuto alla Crescita Economica. In ogni caso di aiuto si tratta e questa volta sembra che senza questa ricetta il destino dell’Italia sarebbe segnato. E’ chiaro che sono tante anche le ingiustizie in esso contenute, così come le rinunce a far pagare davvero chi ha di più, soprattutto perchè l’ha rubato alle casse di questo disastrato Stato, ma è chiaro che Monti non può andare in Parlamento e farsi bocciare il decreto “Salva-Italia” da quella classe politico-parlamentare che è responsabile del più grave disastro nei conti dello Stato che si ricordi. In tutto questo Berlusconi ha continuato a curare i propri affari, forse meglio di prima. In fondo ha negoziato la sua uscita di scena e solo a beneficio dello spettacolo compare a spot…Nulla più! L’Italia del dopo-Monti è tutta da inventarsi e soprattutto da ricostruirsi, oltre che nelle istituzioni, proprio nell’organizzazione della politica e nell’individuazione di nuovi leader: perchè questi che ci sono sulla scena son tutti decotti e occuperanno la restante parte della legislatura solo per garantirsi propri spazi e propri interessi, mentre l’Italia sarà costretta a vivere in affanno per molto, molto tempo. Almeno risparmiateceli questi volti indecenti nelle varie tv dove hanno spadroneggiato fino a provocarci una overdose da onnipresenza politica. Invece ce li ritroviamo ancora a dire baggianate e a prendere in giro l’opinione pubblica senza che ci sia qualcuno a contraddirli nel merito delle questioni! La transizione sarà perciò lunga, difficile, tormentata… Sulle realtà locali è stata scaricata gran parte della responsabilità di autogoverno che dovrà tradursi in una diversa dimensione dell’intera struttura amministrativa per poter essere all’altezza della sfida cui sono chiamati soprattutto i Comuni. Ai quali vengono trasferite le competenze che erano delle Province per esempio in materia urbanistica e di edilizia scolastica, tanto per citare le questioni più scottanti! Soprattutto sul piano dell’edilizia scolastica significa che i Comuni dovranno provvedere ad occuparsi di nuovo degli istituti che erano stati trasferiti alle competenze regionali. E questo tutto è fuorchè uno scherzo per i bilanci comunali. Per governare le nuove municipalità ci sarà bisogno, per quello che viene richiesto ai Comuni, di amministratori manager e scevri da interessi politico-clientelari, in grado di pianificare e di far cassa mantenendo uno standard accettabile di qualità e quantità dei servizi. Abbiamo bisogno di un personale politico che sarà chiamato a governare il Comune in una logica tutta diversa di cui dovrà rispondere agli elettori che ne misureranno sempre di più e direttamente le capacità di attuazione dei progetti e di impiego delle risorse prelevate direttamente dalle tasche dei cittadini. Altro che passeggiata per vecchi e nuovi sindaci, sarà un’impresa ciclopica! La cura dimagrante imposta alle Province oltre che salutare era necessaria per l’assoluta inutilità di un ente che però ha speso e sperperato ovunque senza alcuna logica e senza valutazione dei risultati. Non se ne dolgano gli attuali amministratori, ma essi stessi sono consapevoli dell’assoluta inutilità di questo ente intermedio tra comuni e regioni del tutto slegato dagli interessi quotidiani delle comunità e perciò terreno di conquista per una classe politica generalmente di basso profilo, fatte salve le solite eccezioni che però confermano la regola. Ci vorrà un’apposita legge dello Stato per stabilire l’effettiva decadenza degli organi provinciali che entro la prossima primavera si vedranno privati delle competenze per essere trasferite alle Regioni e da queste ai Comuni. In ogni caso entro un anno cesseranno di esistere le Province per come le abbiamo imparato a conoscere e assumeranno una funzione di coordinamento con rappresentanze istituzionali assolutamente simboliche: un presidente e 10 consiglieri. I designati saranno nominati dai Consigli comunali su base provinciale per cui i criteri di nomina dei consiglieri restano un’incognita su cui è destinato ad accendersi un vivace dibattito politico comunque trattandosi di un contesto istituzionale in grado di assorbire, quantunque privata di poteri e di risorse, manovalanza politica. I veri interlocutori dei cittadini-elettori saranno perciò i consigli comunali e quelli regionali, per le rispettive competenze e per le specifiche organizzazioni. E’ chiaro che la politica andrà a riequilibrarsi attorno a tali livelli istituzionali tenendo presente che per i Comuni è già operativa un’ulteriore restrizione della rappresentanza e che in futuro altri vincoli e restrizioni potranno essere apportati riducendo ulteriormente gli spazi di partecipazione. Questo  sicuramente è un dato da prendere in considerazione: la crisi e soprattutto la malapolitica hanno provocato e provocheranno un decremento di partecipazione dei cittadini al governo del Paese per tutti i diversi livelli istituzionali. La democrazia degenerata a lotte di clan per il potere si autocensura per la sopravvivenza del sistema democratico che, però, sarà sempre meno democratico perchè gli spazi di partecipazione che si erano conquistati sono stati mal gestiti, troppo mal gestiti…Ora chi riuscirà meglio a sintonizzarsi su questa nuova frequenza può sperare di continuare a svolgere una funzione pubblica: diversamente resterà fuori la porta e ciò non potrà che essere un bene per la politica e per i cittadini. ViC

ACE il testo integrale

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