Diario Politico©Raffaele Lauro

Opinioni/Riflettiamo sul tema dell’Unione dei Comuni

Stampa

di Gaetano Mastellone

Gaetano Mastellone

Nella vita bisogna rileggere velocemente il passato e posizionarsi mentalmente a produrre azioni improntate al futuro con una strategia ed una visione. Premetto che “Il tema dell’Unione dei Comuni” non è una “novità” come mi sembra che venga “venduto” in questo nostro territorio, è antico come l’Italia. Già nel 1860 Luigi Carlo Farini, ministro dell’Interno, proponeva l’unione dei comuni con meno di mille abitanti. Farini fu sostituito da Marco Minghetti, che lasciò cadere la proposta. Qualcosa fece il fascismo: con il regio decreto del 17 marzo 1927 nel quale fu dato al Governo il pieno potere di «una revisione generale delle circoscrizioni comunali per disporne l’accentramento o l’ampliamento». Subito dopo la guerra, però, non solo si ricostituirono i comuni soppressi, ma iniziò la prassi di crearne di nuovi. I comuni in Italia erano 7.810 nel 1951, sono ora diventati 8.094.  E così anche le province sono cresciute, passando da quota 91 alla fine della guerra alle 110 attuali. Oggi l’Italia è in una fase politica di stallo in cui anche le piccole riforme appaiono difficili, complesse, ricche di ostacoli e di resistenze. Dov’è la visione? All’estero è in atto ormai da anni un processo di razionalizzazione del settore pubblico. Nel Canton Ticino negli ultimi 10 anni sono state realizzate 16 aggregazioni che hanno interessato più di 50 comuni. In Italia questo importante tema viene sottovalutato e considerato impopolare. Non si capisce che è importante per lo sviluppo e crescita dell’economia locale. Eppure dovrebbero essere proprio i cittadini dei piccoli comuni a rifiutare di mantenere una dignità di facciata per cercare tutte le strade percorribili al fine di avere servizi e diritti. In Italia c’è un sistema di localismo che non serve alla crescita; c’è un bramoso attaccamento alle poltrone da parte dei politici nazionali e locali, a tutti i livelli. Un territorio come quella della penisola sorrentina che in circa dieci kilometri lineari, da Vico a Massa, ha ben sei Comuni è strategicamente un territorio confuso che viene gestito con strategie a macchia di leopardo assolutamente da “jurassic style”, e  crea molti problemi ai cittadini. Ritengo valida l’iniziativa dell’Unione dei Comuni che però deve essere un primo passo per ragionare più in grande, più in chiave moderna per lasciare a casa gli egoismi o le azioni da bottegaio. Oggi occorre una visione prospettica e moderna anche in politica. Sarebbe auspicabile seguire, in un prossimo futuro, la strada maestra del Comune Unico, magari lasciando aperti degli Uffici di Municipalità per i servizi. Nella moderna economia globalizzata i manager cercano di aumentare nelle aziende la cosiddetta “massa critica”. Oggi per sopravvivere alla crisi è necessario un aumento della dimensione, con una snella struttura organizzativa e molta tecnologia informatica. Ricordo la frase di Steve Jobs della Apple: siate affamati, siate folli. Per rendere meglio il concetto affermo che l’azienda moderna deve “fare di più con meno”. Anche i Comuni. La politica moderna, se vuol salvarsi, deve attingere dalla filosofia aziendale. Occorre avere una direttrice che vada verso il cambiamento, con una visione di unione. Anche in politica conta di più “chi è più grande”, la famosa massa critica! Lasciamo da parte la “filosofia politica” che conta di più “chi ha i voti!”, anche questo cambierà! Da Vico Equense a Massalubrense abbiamo ben 6 Comuni con 6 visioni ed approcci diversi. I cittadini residenti in penisola hanno però una “cultura unica”, questo è importante perché la base da cui partire per il Progetto è una base che accetterebbe questo il cambiamento e s’integrerebbe con relativa facilità. Poche comode poltrone che si perdono valgono certamente il benessere di una popolazione territoriale. Il Comune Unico Penisola Sorrentina avrebbe 82mila residenti (il 2,65% della provincia di Napoli), sarebbe uno dei Comuni più importanti della provincia di Napoli. Anche i ragazzini capirebbero che con queste dimensioni si conterebbe di più! Anche i ragazzini capirebbero che in un periodo relativamente breve, diciamo 10 anni, si potrebbero realizzare economie di scala certamente importanti con una qualità dei servizi certamente migliore. Nel campo della spesa pubblica l’Unione dei Comuni porterebbe un miglioramento dei servizi e una diminuzione dei costi, oltre ad una pubblica amministrazione più efficiente. Queste sì che sono scelte di politica moderna. Il guaio è che nel pratico sono sistematicamente abbandonate tra la politica del rinvio e la difesa degli interessi particolari e personali a livello locale. La Penisola Sorrentina è come una piccola foresta selvaggia perché ci sono tribù diverse che comandano. La semplificazione della foresta sarebbe un passo avanti nel segno dell’economicità e dello sviluppo. I piccoli Comuni vanno, senza alcun dubbio, uniti. Ad esempio il Piemonte e la Lombardia hanno più di mille comuni con meno di 5mila abitanti; i piccoli comuni rappresentano il 72% di quelli italiani e in essi vive solo il 19% della popolazione; un quinto dei piccoli comuni è nelle Regioni a statuto speciale; la popolazione nei piccoli comuni tende sempre più a diminuire. Ad esempio c’è un Comune in provincia di Lecco che si chiama Morterone, esso è passato da 279 abitanti nel 1951 ai 33 abitanti attuali!  Che senso ha? Nell’Unione non vedo quindi solo l’esigenza di contenimento della spesa pubblica, vedo anche il dovere di adattare la dimensione istituzionale ai cambiamenti di carattere economico e di scenario. Allora diamo una forte accelerazione all’Unione dei Comuni elaborando uno Statuto diverso dalla bozza prodotta che sia improntato, e impostato, secondo una logica moderna con una visione politica territoriale, e non personale. Non facciamo il settimo Comune! Consiglio di prevedere, fra l’altro, la carica di un Direttore Generale che sia un “non politico”,  un manager indipendente. Nella gestione del “nuovo Comune” particolare attenzione dovrà essere applicata alla cultura del merito, della trasparenza e dell’integrità. Consiglio di valutare la possibilità di nominare anche un Direttivo Consultivo dei Cittadini. Una sorta di comitato che periodicamente si riunisce per proporre azioni o strategie alla Presidenza dell’Unione. Insomma vorrei che questo nuovo Comune avesse anche la diretta partecipazione di chi vive, ogni giorno, il territorio. Come abbiamo visto in precedenza la crisi mondiale, e la recessione nazionale, ha colpito pesantemente anche il territorio sorrentino. Queste cause non possono farci spostare l’indice dagli errori commessi dai governi locali dell’ultimo ventennio. I numeri negativi oramai sono dietro le spalle e, partendo da essi, bisognerebbe ora focalizzarsi sugli anni a venire con un diverso atteggiamento verso i tanti noti e irrisolti problemi del territorio. Mi ripeto: in futuro sopravviverà chi sarà in grado di gestire territori e aziende con capacità di  Buon Governo che è Analisi – Visione – Programmazione. Fattori questi che, purtroppo non sono tenuti nella massima considerazione nel nostro territorio dai vari governi territoriali. A volte sembra che ci specchiamo troppo nel nostro splendido passato e non ci accorgiamo che il futuro è già l’oggi. Certamente osservare i dati economici negativi dall’inizio degli anni duemila e il Pil al 2015 dovrebbe, come minimo, far sussultare il corpo dalla comoda sedia. Però avverto un’assoluta mancanza di sensibilità, la politica dimostra poca “ansia” e poca “preoccupazione”. Non c’è la determinazione nel programmare un futuro di trasformazione. Occorre fare di più. Bisogna però dare un’accelerazione. Ci si augura anche che la classe politica si avvii verso un ricambio generazionale con più quote risa e giovani. Ci si augura  che la politica esca dal “riccio” in cui è chiusa ed apra le porte alla società civile ed ai tecnici. Ci si augura che le varie associazioni di categoria dimostrino più interesse nella collaborazione e più disponibilità a supportare la classe politica che va aiutata. Oggi si cresce lavorando e discutendo insieme, uniti in un team di lavoro. Con questi dati peninsulari così negativi desidero avvertire tutti che senza una precisa strategia di cambiamento non si va da nessuna parte, si regredisce. Nel Turismo ad esempio non bastano gli incrementi a due cifre su arrivi e su presenze quando, per il crollo dei prezzi, i fatturati non crescono. Manca una cabina di regia. Il commercio è in crisi, le famiglie soffrono e stringono la cinghia anche perché l’occupazione cala in quanto la crisi è stata scaricata sui lavoratori. Non appare esserci una visione d’insieme, i macro problemi delle città della penisola sono sempre gli stessi, e irrisolti da anni. Ecco perché è necessario fare punto e a capo e fare squadra. Oltre a risolvere il problema immediato del 2015, c’è da risolvere e decidere come dovrà essere la penisola sorrentina del 2020 e del 2030! Sembrano date assai lontane, ma credetemi sono date assai vicine. Bisogna fare un Mega Business Plan indicante la “rotta”, un mega piano con contenuti di sviluppo e miglioramento della qualità totale di vita, di strutture, di servizi. Il primo handicap che ha la penisola è la viabilità e il caos del traffico. I mega autobus, trasporti con camion devono essere “trattati” diversamente. Il problema del traffico, della mobilità nel rispetto del territorio non sono di facile soluzione con i soliti interventi “tampone”. Ci vogliono scelte innovative e audaci. Bisognerà predisporre un Piano Urbano del Traffico che, insieme al potenziamento e al controllo del sistema dei trasporti pubblici urbani e intercomunali, ci porti una efficienza maggiore e migliori la qualità dell’aria. È fin troppo evidente quanto le città peninsulari si sono concentrate su se stesse senza tenere in alcun conto la progettualità delle municipalità confinanti. È il momento di fare sistema con tutte le Amministrazioni, prefigurando uno scenario di sviluppo sinergico attraverso il coordinamento degli interventi e la concentrazione dei finanziamenti; basta sprechi e risorse che vanno in mille rivoli. Dobbiamo fare fatti e non sogni. Nel piano bisogna tener conto della conformazione del territorio peninsulare, fatto di montagne e mare con strade stette e scavate nella roccia. Si dovranno quindi necessariamente potenziare le “vie del mare” e le strutture a essa connesse; si dovrà potenziare la “via ferrata”; si dovrà realizzare una sorta di “mini metro bus elettrico peninsulare, una circolare a basso inquinamento. La nuova “infrastruttura trasporti”, dovrà essere adeguata alle esigenze di mobilità delle città peninsulari con una distribuzione razionale delle fermate, con una comoda accessibilità, con una alta frequenza delle corse in modo da disincentivare – con il servizio eccellente e di qualità – l’utilizzo del mezzo privato a vantaggio del mezzo pubblico. E’ necessario anche intervenire con un progetto importante per individuare aree idonee ad accogliere il parking dei bus turistici e non. Ci vogliono altri siti di “carico & scarico” turistico e mercantile. E’ necessario anche intervenire nel settore della logistica merci con un progetto che consenta il carico & scarico senza intralciare la quiete del nostro territorio turistico ed il Corso Italia. Ciò permetterà di conseguire, oltre ad un decongestionamento veicolare anche una migliore qualità dell’ambiente. Puntiamo allo sviluppo ma tenendo alta l’attenzione per la salute dei cittadini.  Come programmare? Ad esempio a New York stanno elaborando un mega piano perché nel 2050 la città raggiungerà i dieci milioni di abitanti e già si stanno preoccupando di come dovrà essere la viabilità, di come dovranno essere le abitazioni e di tutto ciò che servirà. Quindi anche questo nostro territorio, così vivace e attivo, ma nello stesso tempo così apparentemente addormentato, deve necessariamente avere un immediato sussulto, deve fare sistema, deve avere una visione e deve programmare. I mali di ognuno sono i mali di tutti. Bisogna ridefinire anche il target turistico-commerciale. Alle performance negative degli ultimi anni ha, in primo luogo, fortemente contribuito il progressivo disallineamento tra i sempre più veloci mutamenti della domanda internazionale e il quadro dell’offerta che il territorio ha espresso; si è andato avanti a due velocità diverse. La domanda del turismo d’oggi è molto più segmentata rispetto al passato, i “prodotti” turistici hanno visto aumentare il loro grado di differenziazione.
•    Sorrento quale prodotto offre?
•    Sorrento quale segmentazione offre?
Il mondo oggi richiede servizi, qualità, tecnologia, benessere e cura del territorio.  Noi li abbiamo? I guru del turismo internazionale parlano di un totale cambiamento nei prossimi 20 anni. Ci sarà l’evoluzione del lusso ed il boom del low cost. I siti turistici del futuro dovranno avere un’offerta segmentata; il “buttiamo dentro tutti e di tutto” che avviene oggi non serve allo sviluppo futuro; questa è una certezza.
•    Sorrento e penisola quale strada sceglieranno?
•    Sorrento e penisola si sono poste il problema?
A queste domande nessuno sa rispondere, ma solo perché non si è iniziato a ragionarci su con la dovuta attenzione e professionalità; ecco l’importanza della “visione”. Come amministratore OBI – Osservatorio Banche & Imprese – consiglio di attuare con urgenza un nuovo modello centrato sull’obiettivo “TAC 3.0”, che faccia leva su:
•    turismo/territorio/trasporti
•    agricoltura/aria di qualità/ambiente
•    cultura/creatività/cambiamento
Il TAC 3 rappresenta le fondamenta dalle quali fare ripartire nuove dinamiche di crescita, unitamente al Buon Governo.  Consiglio di abbandonare la strada della ricerca di soluzioni e salvezze isolate. Bisogna procedere verso obiettivi capaci di indirizzare il territorio verso direttrici comuni e condivisi mettendo a frutto le residue energie virtuose della Penisola Sorrentina. La Penisola Sorrentina deve proiettarsi nella prospettiva del confronto competitivo con gli altri territori concorrenti. Non facciamo come gli struzzi, alziamo la testa. Occorre ripartire anche dal rilancio delle infrastrutture, da un piano di edilizia per i “comuni cittadini” realizzato in aree extra urbane, anche mediante demolizioni e ricostruzioni di edifici con una “quota verde obbligatoria”. La Penisola Sorrentina deve dotarsi anche di un’affidabile “cabina di regia” per la modernizzazione e per valorizzare l’offerta turistica territoriale. La Penisola Sorrentina deve dotarsi di un “Piano Lavoro Giovani” per riscoprire e valorizzare le tante eccellenti menti che sono costrette a uscire fuori dalla penisola per poter entrare nel mondo del lavoro. I giovani d’oggi non hanno futuro, noi anziani però dobbiamo aiutarli in quanto loro sono il nostro futuro. La situazione non è felice. Ad esempio il Mezzogiorno tornerà ai livelli di produttività del 2007 in circa 20 o 30 anni, mentre l’Italia ci arriverà fra 10 anni. Il Mezzogiorno è un sistema molto diversificato, oggi va governato con un approccio futuristico. Il politico che serve solo a sé stesso va buttato fuori. Si è rivelata sbagliata l’idea che sia meglio governare ambiti piccoli. Va in tal senso rivista anche l’utilità delle Regioni, le quali hanno dimostrato di non essere efficienti e di non aver saputo cogliere le opportunità a loro offerte, come nel caso dei Programmi operativi interregionali e dei Fondi europei. Attenzione perché vi sono all’orizzonte, causa lo squilibrio settoriale presente nel territorio, possibili shock settoriali. La politica d’oggi è colpevole per aver incoraggiato, senza programmare, lo sviluppo insano e l’imbarbarimento territoriale. Per concludere. In questo momento di forte incertezza, di turbolenza economica e politica con notizie che sopraggiungono ogni giorno sempre più drammatiche da ogni fronte, con richiami e smentite sul fronte istituzionale, bisogna mettersi in testa che non esiste più il safe heaven (ovvero il paradiso sicuro), quello che con ostinazione in molti continuano a sperare nella speranza di individuare una qualche sorta di “rifugio” per i loro problemi. Come ho più volte ribadito esistono solo presunzioni di sicurezza ma non certezze. In un prossimo futuro per quanto possiamo industriarci non vi è via d’uscita. Siamo tutti destinati a perdere denaro in un modo o in un altro; per l’inflazione, per una patrimoniale di salvataggio, per un prelievo coatto, per una contrazione di valore degli assets o per un default pilotato. Non ci saranno franco svizzero, immobili, metalli preziosi, conti all’estero, obbligazioni o titoli di stato virtuosi che ci potranno salvare, ognuno di questi asset è destinato a subire le conseguenze nefaste che ci aspettano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*