Diario Politico©Raffaele Lauro

3 maggio, giornata mondiale della libertà di stampa

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La didascalia di questa foto (che ironicamente è simile alla nostra testata, ma che non ha alcuna similitudine con le stessa) pubblicata sul sito “Reporters Sans Frontieres per la libertà di  stampa” è la seguente: “predatori della liberta di stampa 2011“. Oggi infatti si festeggia, per la 10° volta consecutiva in tutto il mondo la Giornata della Libertà di Stampa. Non possiamo esimerci da un commento visto che questo blog nasce “per diritto di opinione“. Evidentemente per la ragione che, a nostro avviso, esiste un difetto di libera espressione delle proprie opinioni anche in contesti apparentemente tranquilli e democratici come il nostro. Seguirà un artciolo tratto dal sito di Reporters che riassume il significato di questa giornata e che ci aiuta a riflettere sul fatto che, in questa classifica, l’Italia occupa il 50° posto in termini di libertà di stampa sui 178 Paesi presi in esame. Quando abbiamo ideato questo spazio che è un luogo di riflessione, quasi un diario nel quale appuntare e e condividere pensieri, sensazioni sulla nostra quotidianità territoriale, pur sempre in un contesto generale dal quale non si può prescindere, l’abbiamo fatto per una ragione molto semplice: per la “censura” delle opinioni che viene attuata dall’informazione tradizionale, quella diventata imprenditoriale e che perciò sempre più spesso fa i conti col business e non risponde, come invece dovrebbe e come soprattutto ci si aspetterebbe, a un’etica e a una deontologia professionale. Esprimere un’opinione, su fatti e persone, dovrebbe essere normale in un Paese libero, mentre è un esercizio complesso, difficile, a volte anche pericoloso. Infatti compito dell’opinionista o del giornalista è quello di dare una propria lettura dei fatti, delle persone, degli scenari nei contesti in cui vengono analizzati, in modo da stimolare il senso critico in chi legge. Senso critico significa vedere oltre quello che ci appare…Ci siamo accorti, nella nostra ormai trentennale esperienza, che gli spazi per l’esercizio di questa libertà di opinione sono diminuiti anzicchè aumentare e ciò sta determinando un deficit di democrazia, cioè di partecipazione.  Stiamo cioè perdendo gradualmente quella libertà che è oggetto di continue pressioni, coercizioni, intimidazioni, ricatti da parte di chi ha paura della libertà di opinione perchè non sa confrontarsi con essa. Libertà di opinione significa esercitarsi in uno sforzo di lettura non superficiale o approssimativa della quotidianità e denunciare il proprio punto di vista. Ciò divide, crea ostilità, forma nemici e soprattutto pregiudizi perchè la libertà di opinione e la capacità di comunicarla agli altri costituisce un ostacolo per il potere, sia esso politico o imprenditoriale, malavitoso o soltanto prepotente. A pensare e a scrivere certe cose ci si fa dei nemici, soprattutto tra i potenti, col risultato che per quieto vivere si dovrebbe rinunciare alla libertà di opinione e di divulgazione della stessa. Per essere concreto faccio un esempio che credo fornisca l’idea di che cosa significa sviluppare un ragionamento ed esprimere un opinione. Un amico piccolo imprenditore che opera nel commercio al dettaglio nella moderna ed evoluta città di Sorrento ha dovuto chiudere bottega nonostante gli affari non andassero poi così male. Per due anni è riuscito a pareggiare i conti, non a guadagnare, e si è trovato di fronte a un vero e proprio dilemma per tentare la svolta: accettare o no di condividere al 50% un promesso, consistente incremento di guadagni con una particolare razza di procacciatori d’affari che ha il potere di indirizzare o meno i consumatori verso un determinato esercizio commerciale o artigiano? Ha fatto i conti ed ha preferito chiudere bottega perchè, qualora avesse accettato la proposta, avrebbe dovuto aumentare almeno del 50% il prezzo di vendita dei prodotti onde rientrare della “tangente” da pagare al procacciatore. Il prodotto però non si presta a questi straordinari “rincari di necessità” e il piccolo imprenditore ha preferito chiudere anzicchè sorpavvivere e inevitabilmente morire nello spazio di un anno, al amssimo due. Ovviamente pensiamo che la cosa sia molto grave e lo diciamo! Il giro di questi speciali procacciatori è davvero grosso e trasversale, in grado di alterare sensibilmente le regole del mercato, cioè della libera concorrenza, e per di più è anche illegale: dovrebbe essere denunciato e perseguito dalle preposte autorità nell’interesse di quell’economia sana che reclama libertà d’impresa e che invece è costretta o a subire o a farsi da parte, spontaneamente. Non ci dilunghiamo, piuttosto vogliamo evidenziare che parlare di questi argomenti si toccano fili scoperti di corrente ad alta tensione e i nemici pronti a colpire sono tanti e tutti agguerriti! Nessuno però che si preoccupi di capire, cioè analizzare, quali sono gli effetti che tale comportamento, sommatto a tanti altri, produce sull’economia locale e legale, anche a Sorrento dove molti languono e pochi ingrassano! C’è una parte di società civile ed economica che dovrebbe avere la forza di esprimere il proprio disagio e che forse potrebbe essere indotta a farlo se si comincia a parlarne e a ragionare a 360 gradi. Il potere, quello dei procacciatori e di chi lucra a piene mani alimentando questo ed altri sistemi illegali, reagisce contrastando e marginalizzando chi si fa carico di ragionare su questi fatti che poco spazio trovano sulla carta stampata. Gli esempi che si possono fare sono tanti ed hanno un comune denominatore: non guastare i piani al manovratore. Accade la stessa cosa nella politica, anche locale, dove il perbenismo di un ceto politico-amministrativo è evidentemente e in gran parte falso. Lo sanno bene coloro che vivono quotidianamente la relazione con la politica e con la pubblica amministrazione e con certi personaggi che si spacciano per brave persone, ma che evidentemente non lo sono se soli li guardiamo con gli occhi e con l’animo del fanciullo che, non avendo pregiudizi, riesce a penetrare nella loro intimità. Questi personaggi sono quasi sempre anche arroganti e populisti, sanno usare per esempio con disinvoltura il potere che hanno per condizionare un appalto, un’assunzione, per occupare un posto che non gli spetta o far assumere familiari e clienti allo scopo di accrescere il proprio consenso per fare carriera, di utilizzare il Comune per farne il proprio ufficio e da lì governare i propri affari. Più approfondiamo il ragionamento e più ci accorgiamo che riusciamo a dare un volto a questi personaggi e prendiamo coscienza che il loro non è un comportamento corretto! Nello stesso tempo percò rischiamo di rassegnarci  subirlo, per interesse o per necessità, forse solo per indifferenza! Quello che questa gente vede come il fumo negli occhi  è proprio la capacità di un ragionamento critico che sia in grado di disvelarne la natura: loro hanno paura di ritrovarsi nudi innanzi ai nostri occhi. Spesso questa gente minaccia, quando non può comprare…Però occorre resistergli sapendo che hanno commesso anche molti errori, per ignoranza, per superficialità, per presunzione di impunità: comunque ci devono dar conto! Perciò chi è in grado di ragionare, chi ha un’opinione propria e la comunica, oltre a difenderla, è pericoloso: perchè non è servile. Ecco allora che nella 10° giornata mondiale della libertà di stampa e, aggiungiamo noi, d’opinione dobbiamo assumere un impegno con noi stessi, ancor prima che con la società in cui viviamo: quello di continuare a conservare quello spirito grazie al quale possiamo ancora vedere nudo il re…e dirlo forte a lui e agli altri! L’ignoranza è il vero dramma del nostro secolo, quella per la quale schiere di lestofanti e arroganti investiti di potere pensano di poter continuare a fare il bello e il cattivo tempo sulla nostra pelle! Qualcosa è accaduto e sta accadendo, ma loro però non se ne sono ancora accorti…Proprio perchè fanno fatica a riflettere, a ragionare, a farsi un’opinione!

da Reporters Sans Frontieres

“L’Italia, nel 2010, occupa il 50° posto nella speciale classifica che prende in considerazione 178 Paesi al mondo. Siamo in dietro, soprattutto se pensiamo che prima dell’Italia ci sono addirittura il Sud Africa, la Tanzania, la Corea del Sud…Al primo posto invece troviamo Finlandia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera. Per quanto riguarda l’Italia, anche quest’anno, tra i 38 predatori è presente la criminalità organizzata italiana, che continua a considerare propri nemici i giornalisti che ne parlano, Il rapporto ricorda i casi più noti di giornalisti minacciati (da Roberto Saviano a Lino Abbate a Rosaria Capacchione) così come il mancato sostegno del Primo Ministro italiano, Silvio Berlusconi, che – a novembre 2009 – dichiarò che “avrebbe voluto strozzare scrittori e autori di cinema  che davano una cattiva immagine dell’Italia parlando di mafia e camorra”. Nel rapporto 2011 il “posto d’onore” va al Nord Africa e al Medio Oriente, luogo che hanno visto negli ultimi mesi eventi drammatici e talvolta tragici. Il mondo arabo  ha visto i più importanti cambiamenti nella lista dei predatori rispetto al 2010. Alcuni sono caduti. Il primo ad andarsene è stato il Presidente della Tunisia Zine el-Abidine Ben Ali, costretto a dimettersi il 14 gennaio, dando così al suo popolo la possibilità di avviarsi su una strada democratica.  Altri predatori, come Ali Abdallah Saleh dello Yemen, che è stato travolto dall’ondata di proteste radicali suo paese, o della Siria Bashar al-Assad, che risponde con il terrore alle aspirazioni democratiche del suo popolo, potrebbero anche cadere. E che dire di Muammar Gheddafi, la “Guida della Rivoluzione”, ora la guida della violenza contro il suo popolo, una violenza che è sorda alla ragione? E il re del Bahrain, Ben Aissa Al-Khalifa, che dovrebbe rispondere per la morte di quattro attivisti in carcere, tra cui il fondatore dell’unico giornale di opposizione, e per l’operazione repressiva contro le vaste manifestazioni pro-democrazia? La libertà di espressione è stata una delle prime richieste dei popoli in rivolta, una delle prime concessioni dei regimi transitori e uno delle prime realizzazioni, anche se molto fragili, delle rivoluzioni. Tentativi di manipolare i giornalisti stranieri, arresti arbitrari e detenzione, deportazione, negazione di accesso, intimidazioni e minacce – la lista degli abusi contro i media nel corso della primavera araba è sconcertante. La determinazione a ostacolare i mezzi di comunicazione non si è fermata agli omicidi in quattro paesi – Siria, Libia, Bahrein e Yemen. Gli incidenti mortali includono Mohamed Al-Nabous, colpito da cecchini a libro paga del governo nella città libica di Bengasi il 19 Marzo, e due giornalisti uccisi direttamente dalle forze di sicurezza nello Yemen il 18 marzo. Ci sono stati più di 30 casi di detenzione arbitraria in Libia e di un numero simile di corrispondenti stranieri espulsi. Metodi simili sono stati utilizzati in Siria, Bahrein e Yemen, dove le autorità fanno ogni sforzo possibile per mantenere i mezzi di comunicazione a distanza in modo che non possano girare video della repressione. I media hanno raramente avuto un ruolo così fondamentale nei conflitti. Questi regimi, già tradizionalmente ostili alla libertà dei media, hanno trattato il controllo delle notizie e delle informazioni come una delle chiavi per la loro sopravvivenza. I giornalisti sono stati direttamente presi di mira dalle autorità o catturati nel fuoco incrociato delle violenze tra attivisti e forze di sicurezza, ricordando a tutti noi i rischi che corrono nello svolgere il loro lavoro essenziale”.

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