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Penisola insofferente verso De Luca…Ma che ci sta a fare in consiglio regionale Gennaro Cinque?

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L’esercizio più diffuso dei polemisti social è quello di sbattere sul banco degli imputati sempre e comunque il Presidente della Giunta Regionale della Campania Vincenzo De Luca, lo stesso che nella prima candidatura e nel primo mandato (2015-2020) veniva osannato da destra e da sinistra, centro incluso, come il taumaturgo in grado di risolvere tutti i mali di una regione disastrata sul piano socio-economico e devastata da una criminalità organizzata penetrata nel gangli del sistema paese e da lì in grado di condizionare politica e pubblica amministrazione. L’esperienza sindacale salernitana e l’exploit della sua città apparivano le credenziali perfette per trasferire nel capoluogo campano un sistema di governo, quello di De Luca, quasi universalmente riconosciuto come eccellente, ivi inclusa l’esperienza parlamentare nella XIV e XV legislatura e quella di vice ministro nel Governo Letta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Mario Casillo

Dopo Antonio Bassolino quella di De Luca era sicuramente la figura più autorevole che la sinistra campana poteva esprimere rispetto a una destra che, con l’esperienza di Stefano Caldoro alla guida della Regione (2010-2015), era risultata incapace di rinnovarsi e di riproporsi sulla scena con una quadro politico nuovo e competitivo. Per De Luca la riconferma alle elezioni regionali del 2020 è stata una “passeggiata“, ma contemporaneamente è cresciuta l’insofferenza, soprattutto interna al PD campano, partito ormai allo sfascio, verso il salernitano alla guida della Campania e protagonista, anche per personalità e carattere, sugli scenari politici e mediatici nazionali. La sola figura emergente nell’area metropolitana di Napoli, suffragata anche dal consenso elettorale, è quella dell’ingegnere boschese Mario Casillo, figlio d’arte, che al di là delle indubbie capacità di svolgere il proprio ruolo e di intercettare il consenso, non appare in grado di assurgere alla dimensione del leader che insidia la posizione di De Luca.

Gaetano Manfredi

La stessa cosa vale per l’attuale sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, personalità di spicco cui difetta però la leadership. Tant’è che l’unico in grado di competere con De Luca è stato l’ex sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che soprattutto nel suo secondo mandato ha però deluso le aspettative della città scegliendo di alimentare un perenne conflitto politico e personale con De Luca uscendone però sconfitto, quando invece sarebbe potuto diventarne l’erede naturale e anche funzionale a un diverso governo della regione. In questi anni il livello di collusione della politica, di tutte le parti, con le camorre che occupano e governano gran parte dei territori, ha superato i limiti della tollerabilità e se ancora oggi si continuano a fare i conti con inchieste giudiziarie sul condizionamento delle elezioni, sul sostegno garantito ad alcuni candidati di cui anche vecchie conoscenze di altre indagini e procedimenti giudiziari chiusi e riaperte, vuol dire innanzitutto che le forze politiche non hanno saputo, e forse anche non hanno voluto, cambiar registro e passo, condizioni indispensabili se si vuole migliorare la politica. I commissariamenti di città com Castellammare di Stabia e Torre Annunziata (tanto per restare a quelle più prossime alla Penisola Sorrentina) per infiltrazioni camorristiche sono la prova di una politica a sua volta commissariata dalla malavita che probabilmente non agisce più per interposta persona, ma candida direttamente i propri colletti bianchi con lo scopo di insediarli nei centri decisionali della cosa pubblica.

Ora tutte queste responsabilità non possono ascriversi alla presidenza De Luca che, con tutti i problemi, i limiti e i difetti ha attraversato una delle stagioni più difficili della storia repubblicana ed ha centrato molti obiettivi grazie alla determinazione del Presidente che ha anche imposto scelte e strategie, non tutte vincenti, ma quasi sempre necessarie per invertire un percorso arduo da compiersi per chiunque. La faida anti-De Luca è soprattutto una faida interna al centro-sinistra partenopeo che intende recuperare una leadership sulla regione considerando il salernitano un usurpatore del diritto di governo della Campania. Dal canto suo il centro-destra approfitta della situazione per mascherare la profonda crisi di rappresentatività e credibilità della sua squadra e non riesce a costruire un’alternativa seria da proporre all’elettorato come uomini e come progetto politico futuro. Lo scisma grillino, salutato positivamente da De Luca e che potrebbe portare nella Giunta Valeria Ciarambino, priva di qualunque prospettiva una proposta di governo alternativa alle due forze di centro-destra e di centro-sinistra rivelandosi un bluff ad uso e consumo di chi siede in consiglio regionale e asseconda ormai solo ambizioni personali e di potere.

Gennaro Cinque

In tutto questo la Penisola Sorrentina si sente orfana di rappresentanza, mortificata nelle scelte più significative per risolvere problemi strategici come quelli del trasporto e della mobilità tanto per citare i più scottanti. La Penisola però non è orfana di rappresentanza in consiglio regionale visto che nel 2020 ha eletto Gennaro Cinque, già sindaco di Vico Equense, nell’assise campana dove  il consigliere di centro-destra simpatizzante di De Luca non si capisce di cosa si occupi e con quali risultati! Tranne che premurarsi del Faito e di assicurarsi la cogestione del monte con Castellammare, di tutto il resto Cinque non sembra occuparsene rendendo praticamente insignificante, per i comuni e i cittadini peninsulari, la sua presenza in consiglio regionale. La stessa situazione di chi l’ha preceduto nella carica regionale, l’ex consigliera Flora Beneduce che, salvo restar fulminata sul fine consiliatura proprio da De Luca, ma non riuscendo nell’impresa di farsi rieleggere, non ha concluso granchè durante il suo mandato per la Penisola Sorrentina. Allora Cinque come Beneduce? E’ presto per dirlo, ma occorrono segnali concreti e soprattutto serve che i sindaci chiamino Cinque a sedere ai vari tavoli che si apparecchiano e sparecchiano per affrontare i problemi del territorio, investendolo delle responsabilità che gli competono e pretendendo da lui una costante e incalzante interlocuzione con la Presidenza regionale.

Giuseppe Tito in consiglio metropolitano

Cioè occorre pretendere da Cinque che faccia lo stesso lavoro che il sindaco Giuseppe Tito consigliere metropolitano ha svolto e sta continuando a svolgere tenendo ben presente le esigenze dei comuni peninsulari. Un tandem, Cinque-Tito, che soffre dell’inerzia politica (?) del primo che appare estraneo o indifferente rispetto ai problemi del territorio che rappresenta. C’è ancora tempo per recuperare e soprattutto ci sono i denari che occorrono per investire produttivamente in Penisola Sorrentina da qui alla fine della consiliatura. Serve però un cambio di passo deciso e decisivo se si vuole dare un senso ai ruoli di cui si è investiti per coltivare il…pubblico interesse!

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