Campania

Aggressione al Presidente del WWF Terre del Tirreno, in appello confermata la condanna

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Claudio d’Esposito

A distanza di oltre 12 anni dai fatti, si è concluso dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, V Sezione Penale, il processo di secondo grado a carico del sig. Antonino Nastro, imputato di lesioni personali e calunnia ai danni di Claudio d’Esposito.

La Corte di Appello, all’esito della discussione delle parti, ha confermato la sentenza di condanna che era stata emessa il 13.06.2013 dal Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Gragnano. Il sig. Nastro era stato infatti ritenuto colpevole di entrambi i reati a lui ascritti e, concesse le attenuanti generiche e esclusa l’aggravante dei futili motivi, condannato dal Tribunale ad anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 258,00 di multa, pena sospesa e non menzione, oltre al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile e una provvisionale immediatamente esecutiva di 1.360,00 euro in favore del d’Esposito.

E’ una bella notizia… la giustizia è lenta ma arriva inesorabile – commenta Claudio d’Esposito stavolta ci sono voluti dodici anni, come anche in altri casi in cui le vicende giuridiche trovano la parola fine solo dopo lungo tempo. La sentenza restituisce ottimismo e conferma la fiducia nella giustizia dando un piccolo insegnamento: non bisogna arrendersi mai … anche se la fatica e la sfiducia a volte rischiano di prendere il sopravvento! Bisogna combattere sempre, con tenacia e costanza, sapendo aspettare e con i mezzi che la democrazia ci mette a disposizione. La cosa che sconcerta di più e che induce a riflettere, in questa personale e spiacevole vicenda, è che a commettere i disdicevoli reati sia stato proprio un ex agente della polizia municipale, che avrebbe dovuto fare proprio del rispetto della legge e delle regole il suo obbiettivo primario, invece costui ha cercato falsamente e calunniosamente di cambiare la realtà dei fatti con una “controdenuncia” ai carabinieri di Gragnano. Un ringraziamento particolare va all’avvocato Mauro Amendola che ha seguito con professionalità la vicenda processuale in questi lunghi anni e ai tanti che al processo hanno fatto emergere i fatti accaduti in quel lontano pomeriggio del 10 settembre 2009 durante una soleggiata giornata di mare“.

Il WWF Terre del Tirreno è da sempre impegnato in una tenace attività di controllo e denuncia di ogni attentato ai danni dell’ecosistema mare della penisola sorrentina, segnalando e denunciando le attività di pesca fuorilegge, l’inquinamento delle acque e l’abusivismo edilizio messo in atto sulla costa.

Gli scogli della Pignatella nel comune di Sorrento ricadono in zona C dell’Area Marina Protetta Punta Campanella, dove anche le attività di pesca non professionale sono soggette all’autorizzazione dell’ente parco e, comunque, esse non devono costituire disturbo e/o pericolo alla salute dei bagnanti che, troppo spesso, sono costretti ad imbattersi mentre nuotano in decine di ami uncinati e nelle fiocine dei fucili dei pescatori dilettanti che operano con arroganza in modo fuorilegge sotto costa. Nessun cartello a riguardo, nonostante reiterate richieste del WWF, è stato mai apposto in quella zona né dal comune né dall’ente parco.

Dopo la vicenda accaduta alla Pignatella, che ebbe un grosso clamore mediatico sugli organi di stampa ed accese i riflettori sulla pesca illegale messa in essere all’interno dell’Area Marina Protetta Punta Campanella, diverse sono state le denunce del WWF e gli interventi eseguiti dalla Capitaneria di Porto e dalla Guardia di Finanza che hanno portato a numerosi sequestri e denunce a piede libero di pescatori di frodo intercettati con mezzi di pesca vietati, in aree interdette alla pesca e con pescato fuorilegge.

A giorni ci sarà l’ennesima udienza, che vede il WWF Italia parte civile nel mega-processo contro il “clan dei datterai”, sgominato a seguito di accurate indagini e intercettazioni da parte della Guardia di Finanza Navale di Napoli e della Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia, che hanno portato alla luce l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere dedita al prelievo e alla vendita del dattero di mare (Lithophaga lithophaga) in costiera sorrentina e nell’area dei Faraglioni di Capri con un giro di affari milionario.

Il dattero è una specie protetta da convenzioni internazionali e direttive comunitarie di cui ne è vietato il prelievo, la detenzione e commercializzazione. Per estrarlo dalla roccia calcarea è necessario frantumarla a colpi di martello, distruggendo interi tratti di fondale con la conseguente desertificazione.
Per un piatto di spaghetti ai datteri viene distrutto un metro quadrato di fondale!

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