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Da lavoce.info proponiamo: “Mamma, ho perso il turista”

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Proponiamo all’attenzione dei nostri lettori un articolo sulle problematiche del turismo italiano che meritano di essere approfondite tanto per uscire dalle logiche approssimative con cui si gestisce la politica turistica dalle nostre parti. Questo perchè l’economia legate al turismo è il petrolio per realtà come quella sorrentina, napoletana e campana più in generale. L’articolo è di Stefano Landi ed è stato pubblicato su www.lavoce.info col titolo: “Mamma, ho perso il turista”.

Le voci ufficiali del turismo italiano in questo inizio d’anno glissano sui risultati preoccupanti del settore per quanto riguarda la domanda interna e magnificano le sorti dell’export. Ma le cose non stanno propriamente così: anche i turisti stranieri nel 2010 hanno fatto registrare cali molto consistenti, e perdite economiche misurate in quasi 1,3 miliardi di euro.

TRADITI DAGLI EUROPEI

Il “mosaico” delle dichiarazioni rilasciate in occasione della Borsa internazionale del turismo fornisce invariabilmente un quadro roseo: c’è sempre qualcosa di cui lodarsi. Ma i totali nazionali sono impietosi. Abbiamo già visto che nel 2010 si sono “persi” circa 8 miliardi di euro dal solo mercato interno, e le cose sul mercato estero non sono andate tanto bene da compensare queste perdite, anzi.
Il dato della Banca d’Italia al riguardo è molto crudo e parla di una spesa dei turisti stranieri in Italia calata di 1.291 milioni tra il 2009 e il 2010, per effetto combinato del calo di circa 3 milioni di viaggiatori e di 18 milioni di notti. (1)
Fin qui il dato congiunturale, che forse può ispirare commenti speranzosi solo in chi ritiene che peggio non possa andare. Ma bisogna leggere dentro il dato, per capire che cosa sta effettivamente accadendo sul mercato turistico mondiale, e che cosa il futuro riserva al nostro paese.
Se andiamo a scomporre il dato aggregato per continenti, scopriamo innanzi tutto che a “tradirci” sono stati soprattutto i turisti dei paesi dell’Unione Europea, i “cugini”, quelli che con un volo low-cost potrebbero raggiungerci in un’ora, e in auto ci mettono  mezza giornata. Francesi, tedeschi, belgi, olandesi: il vero zoccolo duro del nostro turismo tradizionale, quello che riempiva gli hotel vista-mare e i campeggi sui laghi, per intenderci. A cui dobbiamo aggiungere gli svizzeri, che appartengono di diritto alla categoria degli ospiti storici anche se extracomunitari, e che sono anch’essi calati del 7 per cento in termini di spesa. E non sono i paesi che più soffrono la crisi economica, anzi. Si tratta più realisticamente di un cambiamento tendenziale delle loro scelte turistiche, nelle quali l’Italia non è più la destinazione per eccellenza, ma solo una delle tante opzioni possibili: turismo di prossimità in patria, medio raggio nel bacino del Mediterraneo a costi più contenuti, lungo raggio nei paesi esotici, e magari anche una fettina di Italia, quando capita.

COSA OFFRE L’ITALIA

Varrebbe la pena di interrogarsi sui motivi di questo fenomeno strutturale, che potrà anche riguardare un diverso atteggiamento della domanda (i cosiddetti push factors), ma indubbiamente trova spiegazioni profonde anche dal lato dell’offerta del nostro paese a confronto con altre possibili destinazioni (pull factors). Il cambiamento di scelte implica una analisi della nostra competitività sul mercato turistico, una analisi che però tendiamo spesso a evitare per motivi di opportunità e per la evidente difficoltà a mettere mano ai fattori che la determinano: intanto il valore, inteso come rapporto tra qualità e prezzo, che viene percepito in calo, soprattutto per una dinamica dei prezzi rigida alle tendenze del mercato, e per un loro livello assoluto più alto di quello di molti concorrenti.
Ma considerando il fattore qualità, anche senza entrare nel merito di analisi più dettagliate, è del tutto evidente che il territorio da un lato e i beni culturali dall’altro rappresentino agli occhi dei turisti potenziali altrettanti atout del nostro paese, anche a confronto con altre possibili destinazioni di vacanza.
Lo stato della tutela e della conservazione di queste risorse, la loro protezione giuridica e la loro manutenzione, e infine la possibilità concreta di fruirne in modo piacevole non sono quindi un optional, ma un connotato fondante della capacità del nostro paese di stare sul mercato internazionale con posizioni di preminenza e ottenendo risultati conseguenti.
E da questo punto di vista non è certo facile affermare che l’Italia stia agendo per il meglio, anzi. Ma anche i turisti che ci hanno frequentato con soddisfazione per decenni sembrano essersene accorti.

NUOVI TURISTI GLOBALI

Ritornando all’analisi dei flussi internazionali, c’è però in Europa un paese in controtendenza: la Russia, i cui turisti in Italia sono cresciuti del 32 per cento in un solo anno. Sono certo una bella speranza, anche se rappresentano ancora meno dell’1 per cento del totale incoming.
E il turismo extraeuropeo? Tutti i continenti in calo, con la piacevole eccezione del Brasile da un lato, e dell’Asia nel suo complesso dall’altro (India, Giappone, Cina, nell’ordine). Asia che, lo ricordiamo per inciso, rappresenta oggi nel complesso l’1,7 per cento del mercato turistico straniero che si rivolge al nostro paese. Le prospettive sono quindi eccellenti: siamo ben posizionati nei paesi Bric e la loro domanda cresce a ritmi sostenuti. Ma per converso tutti insieme questi paesi nel 2010 non sono riusciti a compensare neppure il calo di turisti dalla sola Germania. D’altra parte, se invece si confermasse la tendenza al calo della domanda europea verso l’Italia, la prospettiva sarebbe davvero preoccupante per molti dei nostri territori ospitali.
Gli ospiti Bric, infatti, sono sostanzialmente turisti alla prima esperienza, che vogliono condensare il massimo della visita nel minimo del tempo, e quindi tendono a privilegiare le destinazioni di rinomanza mondiale. Trascurano invece i richiami “minori”, i piccoli talenti italiani, le eccellenze diffuse, la qualità delle mille “terre di mezzo” che fanno oramai l’ossatura dell’offerta turistica italiana: tutte realtà in cui negli ultimi venti anni si sono investite somme ingenti (con i programmi leader, con le varie leggi regionali, eccetera) proprio per dare una prospettiva nuova di sviluppo a territori altrimenti marginali. Se quindi non riprende alla svelta la domanda nazionale, e non si inverte la tendenza europea, il tempo della crescita numerica e “culturale” del nuovo turismo globale rischia di essere troppo lento: c’è il pericolo di una glaciazione, prima che torni il sole.
Qui dovrebbe agire tempestivamente il marketing pubblico, oggi spezzettato tra i vari soggetti (Enit, Regioni, province, comuni, Stl, eccetera) e impoverito dai tagli alla finanza: altrimenti la sopravvivenza e il mantenimento degli enti preposti è solo una spesa pubblica improduttiva.
Ma in ogni caso il marketing, anche se fosse immediato ed efficiente (e c’è da dubitarne), non sarebbe uno strumento di per sé sufficiente: c’è da mettere mano ai fattori della competitività, anche se ancora non si vede all’orizzonte un soggetto credibile a impegnarsi in un lavoro lungo e faticoso, e che porta pochi risultati di immagine.

2 commenti

  • Gaetano Mastellone

    Caro Direttore, l’articolo è molto interessante e rispecchia ciò che noi “piccoli” commentatori locali diciamo e scriviamo da anni! Ora mi pongo una domanda: chi lo leggerà con la dovuta attenzione? Certamente lo leggeranno e dopo, come solito, faranno “spallucce”! Non hanno ancora ben capito il baratro che hanno innanzi!

    Dall’articolo riprendo il pezzo finale:

    “Se quindi non riprende alla svelta la domanda nazionale, e non si inverte la tendenza europea, il tempo della crescita numerica e “culturale” del nuovo turismo globale rischia di essere troppo lento: c’è il pericolo di una glaciazione, prima che torni il sole.
    Qui dovrebbe agire tempestivamente il marketing pubblico, oggi spezzettato tra i vari soggetti (Enit, Regioni, province, comuni, Stl, eccetera) e impoverito dai tagli alla finanza: altrimenti la sopravvivenza e il mantenimento degli enti preposti è solo una spesa pubblica improduttiva. Ma in ogni caso il marketing, anche se fosse immediato ed efficiente (e c’è da dubitarne), non sarebbe uno strumento di per sé sufficiente: c’è da mettere mano ai fattori della competitività, anche se ancora non si vede all’orizzonte un soggetto credibile a impegnarsi in un lavoro lungo e faticoso, e che porta pochi risultati di immagine.

    Ebbene si “parla” di cambio della cultura del turismo, di marketing territoriale, di marketing strategico, di competitività, di servizi etc. etc.

    Mi pongo una sola domanda. Le strade per la RI-crescita sono ben tracciate (cioè CAMBIARE) ma mi domando e LE DOMANDO: “Chi sono gli attori del cambiamento? Quali le loro qualità? Quali i loro Curricula?

    Gaetano Mastellone

    • PP-staff

      Caro dott. Mastellone,
      il problema di base è la qualità del personale politico che abbiamo sulla scena che, a prescindere dalle solite eccezioni, conferma la regola…al ribasso sotto tutti i punti di vista. In materia di turismo non mi risulta di aver ascoltato ragionamenti consoni da un po’ a questa parte. Forse mancano idee o, soprattutto, manca quella formazione culturale e quell’interesse che, per chi fa politica, costituiscono il substrato su cui costruire un progetto di sviluppo coerente e lungimirante. Non credo ci sia un approccio scientifico alle problematicità del settore: basterebbe infatti confrontarsi pubblicamente con questi attori politici su temi specifici e generali del comparto turistico per accorgersi che non ne capiscono granchè. Chi si accontenta gode…recita l’adagio popolare…Allora lasciamoli godere!
      ViC

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