Piano di Sorrento

A proposito di genocidio palestinese…Don Rito Maresca: “Neutralità, imparzialità, equidistanza”

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Don Rito Maresca, parroco della Chiesa di Mortora, nell’omelia di domenica del Corpus Domini ha indossato una casula con i colori della bandiera palestinese per testimoniare la gravità di quanto sta accadendo a Gaza e le migliaia di morti innocenti frutto della barbarie del governo d’Israele. Una vicenda finita alla ribalta nazionale tra sostegno e critiche, spesso anche feroci, di cui Don Rito parla in questo suo post pubblicato su facebook nel quale spiega, a nostro avviso in modo eccellente e assolutamente condivisibile, il significato del suo gesto e delle sue parole.

“In questi giorni sono finito in un turbine mediatico per aver indossato, nella festa del Corpus Domini, una casula non impreziosita da ricami d’oro, ma sporca dei colori della bandiera palestinese.
Si è scatenato subito un putiferio: tifoserie opposte si sono mosse, ho ricevuto insulti e applausi, dal “fottuto figlio di Satana” al “tu sì che sei un eroe”.
Beh, non sono né l’uno né l’altro. Semplicemente ho scelto di prendere una posizione.
L’ho fatto nella liturgia, per la mia comunità.
Una scelta più che discutibile, certo. Non corretta secondo le rubriche liturgiche, anche se il bianco, il rosso, il verde e il nero sono colori liturgici.
Ma il tema non è la mia persona.
Il tema è ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi.
Il tema, a mio modesto avviso, è avere il coraggio di rischiare per difendere i valori in cui si crede.
Il tema è se davvero la neutralità sia giustizia.
Un altro grande prete — a cui non posso certo paragonarmi, ma da cui posso lasciarmi ispirare — don Lorenzo Milani, scriveva:
Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi”.
Essere equidistanti allora è davvero giustizia?
Non lo è in Ucraina, come mai lo deve essere in Medio Oriente?
Il 20 maggio 2025 il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, uomo di grande dialogo e sapienza, e certo più equilibrio di me, ha detto: “Venite a Gaza e poi parlate di neutralità”.
Io non sono stato neutrale, non voglio essere neutrale davanti a quello che non solo a mio giudizio sono crimini contro l’umanità e la negazione di tutti i valori che come cristiano e cosiddetto Occidentale credo. Per questo sono stato attaccato da alcuni giornali, che come spesso accade manipolano notizie in modo parziale, accusandomi di aver “fatto politica”.

Qualcuno ha tirato fuori persino mio nonno — morto trent’anni fa — solo perché fu sindaco nella DC del dopoguerra dic nel di avere la politica nel sangue, magari tutti gli italiani avessero l’ardore politico dei nostri nonni che hanno costruito la nazione (democristiani o comunisti o missini che fossero)
C’è persino chi ha scritto che i preti non hanno diritto di parola, che non possono votare. Mi si permetta allora di chiarire che non esiste alcuna legge italiana che limiti la libertà di espressione dei sacerdoti o l’esercizio dei diritti e doveri politici.
Esiste solo una norma del diritto canonico, che la Chiesa stessa si è data, per ricordare ai pastori di essere pastori di tutti:

Can. 287
§1. I chierici favoriscano sempre in sommo grado il mantenimento, fra gli uomini, della pace e della concordia fondate sulla giustizia.
§2. Non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella direzione di associazioni sindacali, a meno che, a giudizio dell’autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune.
Si tratta di un testo bellissimo (ringrazio i detrattori di avermi invitato a riprenderlo) perché lo stesso canone che vieta ai chierici l’attivismo partitico, da una parte ammette eccezioni quando in gioco ci sono la difesa della Chiesa o la promozione del bene comune ma soprattutto chiarisce il valore e lo scopo della norma: promuovere pace e la concordia fondate sulla giustizia.
Qualcuno mi ha accusato di non aver mai indossato la bandiera ucraina.
È vero, non l’ho fatto. Ma purtroppo questi difensori di uguaglianza non sanno che per due anni e mezzo, nella nostra piccola parrocchia, abbiamo ospitato due famiglie scappate dalla guerra dove per tutti è chiaro chi sia l’aggressore.

Eppure in Ucraina c’è una profonda differenza perché si gioca una guerra tra eserciti: quello del Paese più grande del mondo e quello sostenuto dalle potenze più ricche del mondo. A Gaza dove è ora l’altro esercito? Mi si dirà nei tunnel sotto gli ospedali… vabbè ciascuno giudichi secondo intelligenza e coscienza.
Da canto mio, se vi interessa davvero vorrei dirvi che ho indossato i colori della Palestina non il 6 ottobre (perché la storia non è iniziata ieri) e certamente non l’avrei mai indossata il 7 ottobre, giorno del massacro disumano, la cui ferocia è ancora testimoniata dalla presenza di ostaggi.
E non l’ho indossata neppure l’8 ottobre, né ogni volta che Hamas ha lanciato razzi su Israele. Perché non sostengo Hamas né nessuna altra forma di violenza, specie quella che si riversa su gente innocente.
L’ho indossata però il 22 giugno 2025, nella festa del Corpus Domini, dopo oltre 600 giorni di rappresaglia sproporzionata da parte di Israele. Quando ormai l’attività bellica di Hamas è inesistente, ma si continua a sparare su gente affamata che cerca solo un po’ di pane.
In quella calca l’esercito israeliano è infatti così bravo da riconoscere i miliziani di Hamas e spararli in mezzo alla povera gente…
L’ho indossata quando, per ogni uomo libero e onesto, anche di origine ebraica, è evidente che non è più una guerra tra eserciti, ma un genocidio, compiuto da un governo e da un esercito contro un popolo indifeso.
Quei colori, è vero, un tempo rivendicavano la distruzione della cosiddetta “entità sionista”. Ma chi oggi può davvero dire che Israele sia in pericolo essendo, tra l’altro l’unico Stato della regione con un arsenale nucleare — non dichiarato né controllato.
Ricordiamo che negli accordi di Oslo, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina ha riconosciuto Israele e che la bandiera palestinese è quella di Hamas tanto quanto il tricolore è la bandiera di Mussolini.

I fascisti certo hanno usato il tricolore, ma il tricolore è molto di più del fascismo. Così come la bandiera palestinese è più antica della fondazione di Hamas e supererà Hamas nel futuro perché speriamo che possa rappresentare un giorno una nazione libera, giusta, non più soggetta né più tentata o costretta alla violenza.
Certo in questo gesto ho superato una libera rossa; oggi si dice così… ma credo di essere in buona e in cattiva compagnia di tanti. Diversi me lo hanno fatto notare e tra questi anche Daniele Capezzone, che al TG4 mi ha fatto una bella lezione di teologia liturgica. Dovete sapere che non sono per niente comunista e commenterei la lezioni dei vari Capezzone e Feltri sul valore dell’eucaristia con le parole del Gen. Vannacci davvero che siamo in un “il mondo al contrario”.
Certo per onestà intellettuale (merce rara oggi) voglio dire che un mio professore di sacramenti mi ha scritto in privato: “sono d’accordo sulla causa ma guarda che hai esagerato.” E il suo parere, per me, vale molto più di quello di tanti opinionisti da salotto.
Eppure continuo a credere di non aver fatto politica ma di aver “fatto Vangelo” e che la parabola del Buon Samaritano parli proprio del rapporto tra delle norme religiose e vero amore del prossimo. Sono le norme liturgiche che portano il sacerdote e il levita a non fermarsi davanti a un uomo morente.
La loro non è crudeltà, ma ortodossia liturgica perché, se si fossero contaminati con quel sangue, non sarebbero stati puri per il culto. I sacerdoti non potevano (e qualcuno oggi dice “non possono”) fare certe cose, devono rimanere “sacri”, cioè “separati dalla realtà”.
Eppure, il mio Maestro loda non loda i rispettosi delle regole ma il Samaritano che si ferma, si sporca le mani, si espone e paga di persona per prendersi cura dell’altro.
Tra Samaritani e Giudei, al tempo di Cristo, c’era un odio profondo, come oggi tra Palestinesi e Israeliani.
E allora immagino che forse anche allora, il gazzettino di Gerusalemme cercò di strumentalizzare le parole di Gesù, accusandolo di stare con i “violenti Samaritani” che volevano distruggere la Giudea. Ma il Maestro andò dritto, senza opporre gli uni agli altri ma lodò il gesto di pietà irregolare.
Lodò chi si ferma davanti a un uomo mezzo morto, e ferma anche la propria violenza, i propri pregiudizi, persino le proprie idee politiche — legittime — per soccorrere chi in quel momento davanti ai suoi occhi sta morendo. Certo, anche in Israele ci sono civili innocenti che pagano e che muoiono sotto i missili e le bombe, certo la vita di un israeliano vale quanto quella di un palestinese. E lo l voglio gridare forte: “La vita di ogni palestinese vale quanto quella di ogni israeliano. Ma se ogni persona ha valore assoluto, sappiate che a Gaza è un’intera nazione in pericolo di vita“.

 

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