A proposito della tassa di soggiorno che Rosario Lotito (M5S) vuole destinare alla sanità!
Ci piacerebbe conoscere da Rosario Lotito, autorevole esponente del M5S peninsulare e presidente del Comitato Tutela Salute Pubblica Penisola Sorrentina, chi e con chi si dovrebbero affrontare e risolvere subito i problemi della sanità in penisola visto che scrive “…Non si può risolvere un problema insieme a chi lo ha creato” riferendosi evidentemente all’Asl Napoli 3 Sud e alla Regione Campania rispetto a una paventata (e non confermata) riduzione dei posti letti nel reparto di medicina all’Ospedale di Sorrento (da 20 a 4) oltre alle altre criticità ben note.
E’ una domanda più che legittima visto che la sanità è governata da un’Azienda e non da altri soggetti che nessuna competenza hanno in materia e che alla Regione competono le politiche sanitarie nel senso più ampio del termine e che, come accade per l’ospedale unico, vengono osteggiate a prescindere da Lotito&Co! Se come interlocutori si escludono i preposti al governo della sanità, ogni altro ragionamento diventa privo di senso. Lotito però propone di destinare parte della “tassa di soggiorno” alla sanità, chiamando quindi in causa direttamente le Amministrazioni Comunali afferenti al Distretto 59 le quali dovrebbero farsi carico di erogare all’Asl una percentuale delle proprie risorse.
E’ un approccio semplicistico e demagogico al problema perchè evidenzia la non conoscenza della finanza pubblica che fa divieto ai Comuni di destinare i proventi derivanti dall’imposta di soggiorno a interventi non inerenti la sua finalità e neanche connessi come potrebbe essere, per esempio, il ragionamento che una località turistica deve garantire una buona assistenza sanitaria ai suoi ospiti.
Lo spiega la Corte dei Conti con una deliberazione in merito proprio alla destinazione del gettito dell’imposta di soggiorno: secondo i giudici contabili l’obbligo dell’imposta di soggiorno è strettamente legato alla destinazione dei fondi verso specifici ambiti correlati al settore turistico e pertanto non può essere utilizzata per scopi indirettamente connessi al turismo. Le uniche destinazioni concesse pertanto sono le seguenti:
- interventi nel settore turistico, inclusi quelli a supporto delle strutture ricettive
- lavori di manutenzione, valorizzazione e recupero di beni culturali e ambientali locali
- servizi pubblici locali collegati a tali interventi
Non è permessa alcuna interpretazione estensiva o analoga per allargare il campo di utilizzo dei fondi. Pertanto, è vietato per l’ente utilizzare l’imposta di soggiorno a vantaggio della fiscalità generale, poiché i fondi devono essere vincolati a specifiche finalità. Di conseguenza, non è legittimo considerare le spese che sono solo indirettamente collegate al turismo, a meno che l’obiettivo turistico non costituisca il principale scopo dell’attività finanziata dall’imposta di soggiorno.
Una proposta irricevibile da parte dei comuni, utile solo a Lotito per continuare ad alimentare una narrazione distorta della criticità del settore ospedaliero pubblico che, e questo non ci consola, è comune a quasi tutte le realtà italiane. Da che cosa scaturisce? Dalla dissennata e spesso fraudolenta gestione che per troppi anni si è fatta della sanità pubblica con i conseguenti miliardari deficit che hanno determinato, come nel caso della Campania, il commissariamento da parte del Governo centrale da cui si è usciti solo a fine 2019, appena qualche mese prima dell’esplosione della pandemia covid-19. E ancora: il numero chiuso a medicina per cui oggi non ci sono sufficienti professionisti sul mercato; l’impoverimento delle risorse umane determinate dal blocco delle assunzioni così come l’obbligo per i manager di effettuare drastici tagli alla spesa per rientrare dal gigantesco debito accumulato.
Senza parlare del degrado che tutto ciò ha determinato nell’ambiente sanitario, sul piano strutturale e organizzativo, su quello socio-assistenziale con la riduzione dei servizi e dell’accessibilità alle cure, la fuga dei sanitari dai nostri ospedali, fenomeno generalizzato e che affonda le radici non soltanto nel crescente disagio a svolgere la professione in situazioni difficili, ma anche in fattori contingenti legati a specificità territoriali com’è il caso della Penisola Sorrentina! In questo contesto i medici scarseggiano, quelli che possono si trasferiscono in sedi più comode logisticamente parlando, ma anche più attrattive per gli stessi professionisti, aumentano ogni giorno quelli che optano per la sanità privata. Quella pubblica invece fa i conti con bandi di concorso che vengono disertati per cui senza medici e infermieri (nonstante significative assunzioni di infermieri fatte dalla regione nel 2024) i reparti non possono funzionare e, obtorto collo, vengono ridimensionati e in qualche caso chiusi.
Per affrontare i problemi bisogna riuscire a ragionare senza pregiudizi e senza logiche di appartenenza politica perchè solo in questo modo si può sperare di intraprendere un percorso costruttivo per la salute pubblica! Una proposta utile per venire incontro ai sanitari ha fatto spesso capolino in diversi confronti, ma non se n’è fatto nulla: riconoscere cioè alla Penisola Sorrentina lo status di “zona critica e disagiata” per la sanità potendosi così determinare consistenti incentivi e agevolazioni in favore dei professionisti che operano sul territorio. Sarebbe stata una prima risposta concreta cui far seguire altri provvedimenti con ordinanze sindacali, chiamando in causa i sindaci che hanno competenza in materia di sanità, ma non certo sul piano della gestione dell’azienda.
SULL’OSPEDALE UNICO E’ MANCATA UN’INFORMZIONE APPROPRIATA
Un serio confronto politico sul progetto dell’ospedale unico in predicato di sorgere a Sant’Agnello non è mai stato fatto partendo da un’analisi oggettiva della situazione ospedaliera, del perchè si è scelto di costruire un’ospedale ex novo piuttosto che ristrutturare quelli esistenti a Sorrento e a Vico Equense. La novità delle Case di Comunità che sono state previste dalla legge nazionale per implementare la medicina di base e restituire così all’ospedale la sua funzione peculiare. Su questo aspetto la politica ha responsabilità, così come la stessa Asl che non ha mai spiegato per filo e per segno come stanno effettivamente le cose lasciando quindi campo libero a speculazioni e strumentalizzazioni che hanno generato questa assurda situazione di conflitto e di impasse. Il rischio è che si risolva tutto in una vera e propria debacle per l’assistenza ospedaliera peninsulare costringendo residenti e turisti a una sempre più frequente migrazione extraterritoriale.
La location prescelta per il nuovo ospedale non sta bene, oggi, all’Amministrazione di Sant’Agnello che si è arroccata dietro lo slogan “…una buona idea nel posto sbagliato“. Senza neanche esprimersi, previo confronto con tutte le altre Amministrazioni interessate, su un’ipotesi alternativa che, lasciata balenare quantunque difficilmente percorribile stante la progettualità realizzata e l’iter intrapreso, avrebbe avuto almeno il merito di dare un contenuto a quello slogan dimostrando che effettivamente si ha a cuore la salute pubblica.
Invece no…e basta! Alla fine tutti i soggetti coinvolti sembrano essersi rassegnati all’idea che il nuovo ospedale non si farà e alla fine la matassa se la dovrà sbrogliare Sant’Agnello, mentre i nosocomi peninsulari sono destinati all’eutanasia. Assisteremo così all’ulteriore impoverimento di servizi e prestazioni, a fughe di sanitari fino a quando ci saremo abituati alle trasferte in ambulanza a Castellammare di Stabia, a Boscotrecase, a Ponticelli all’Ospedale del Mare, a Nola e così via! I futuri medici neanche ipotizzeranno di venire a lavorare nella terra natia, migreranno magari in Arabia Saudita dove sono ricercati e superpagati, mentre il destino sanitario della terra delle sirene è bello che segnato. Intanto via libera ai pulman turistici e a quella mobilità che ci soffoca molto di più di qualche ambulanza in transito sul corso Italia a fare da taxi per i suoi sfortunati passeggeri.