Trump-Zelenski: Quando gli USA licenziano i camerieri…
di Luciano Pignataro
«Si tiene conto della giustizia quando la necessità incombe allo stesso modo su ambo le parti; in caso diverso, i più forti esercitano il loro potere e i più deboli vi si adattano» (Tucidide).
Dai tempi dello storico greco ad oggi le cose non sono cambiate sostanzialmente: la guerra e i rapporti internazionali sono da sempre basati sulla forza, poi scoppiano le guerre a cui viene dato uno scopo etico per giustificare l’inizio e una ricostruzione etica fatta dal vincitore (Vae victis).
La delusione non è stata, per me che sono generazione Vietnam, vedere come Trump tratta uno dei tanti camerieri che hanno servito gli Usa dal Dopoguerra ad oggi, ma le reazioni del mainstream della stampa liberale e democratica europea che dallo scoppio della guerra continua a dividere i contendenti fra buoni e cattivi.
Trump ha trattato Zelenski in modo brutale né più né meno come sono stati trattati, dietro le quinte, Văn Thiệu nel 1975 e Saddam nel 2003. La novità è che, nell’era dei social, un ex comico e un pregiudicato si sono confrontati davanti alla tv perchè uno parlava al deep state democratico ed europeo che aveva puntato tutto sulla caduta di Putin e l’altro ai suoi elettori che chiedono concretezza. Due facce della stessa medaglia.
Zelenski non è uno sprovveduto, ha tanti amici in Usa e in Europa per i quali ha combattuto usando i battaglioni nazisti che lo hanno portato al potere per giocare la scommessa più grande che l’Occidente in crisi potesse giocare: far crollare la Russia e impadronirsi delle enormi ricchezze per saldare il debito pubblico americano che vale quanto tutto il pil mondiale e garantire energia a basso costo agli europei ma da padroni e non da clienti. “All in” su cui avevano puntato Napoleone e poi Hitler e che dopo la caduta dell’Urss sembrava ormai a portata di mano.
Una strategia iniziata con Clinton e proseguita con determinazione da tutti i presidenti americani.
Questi obiettivi legittimi sul piano dei rapporti di forza, sono conditi dalla teoria della esportazione della democrazia, la famosa ipocrisia occidentale a cui si oppone il fanatismo religioso dopo il crollo dell’utopia comunista. Due forme di fanatismo umano che si compensano bene.
L’Occidente, dopo la grande accumulazione di risorse avvenuta con la scoperta dell’America e poi con tre secoli di conquiste coloniali, ha costruito il suo benessere con eccidi senza precedenti tra Atomiche e Napalm, assassini di presidenti legittimi (Allende) spesso giustifcati da balle, come le armi di distruzioni di massa di Saddam che avevano utilizzato per combattere l’Iran, prima ancora l’incidente del Tonchino per invadere il Vietnam, adesso la minaccia russa alle porte dell’Europa dimenticando di aggiungere che è l’Europa con gli Usa che hanno circondato la Russia con una manovra verso Est.
Dal canto suo Putin incarna la volontà di ricostruire la sfera di influenza dell’ex Unione Sovietica che alla fine della guerra mondiali arrivò ad affacciarsi sino all’Adriatico.
Ora in questo contesto dividere buoni dai cattivi è spostare il discorso sul piano etico che può essere interessante ma che non aiuta a guardare avanti. Soprattutto non è serio per chi dirige un paese.
In pratica cosa è successo? Semplice: Trump interpreta una diversa visione di dominio del mondo rispetto a Biden, pensa che il vero nemico principale sul piano commerciale sia la Cina e vuole chiudere con un accordo il fronte europeo per concentrarsi nell’epico confronto sul Pacifico dove, non dimentichiamolo, è per questo motivo che gli Usa entrarono nel Secondo Conflitto Mondiale.
Questo cambio di rotta ha spiazzato le leadership europee che avevano giocato l’All In con Biden e i Neocon passati al campo democratico. Armi armi armi, sino a raggiungere la convinzione di poter premere per primi il grilletto nucleare e resettare tutto.
Ora di cosa sono colpevoli i leader europei? Colpevoli per insipienza politica che li ha esclusi dal tavolo delle trattative e costringerli a fare le due sceneggiate di Parigi e Londra.
In primo luogo di essersi appiattiti ai democratici americani sino a chiudere gli occhi sulla strage di ventimila bambini a Gaza (in jugoslavia la chiamavano, gli stessi leader, pulizia etnica).
Ma questa non è una colpa etica, bensì una linea politica che si è rivelata, per ora, perdente e che ha avuto conseguenze concrete nelle bollette triplicate sul costo dell’energia che paghiamo in questi mesi per gas che ora ci vendono gli Usa passando per l’India che lo acquista dalla Russia. Con crisi delle imprese, aumento dell’inflazione, perdita del potere di acquisto del ceto medio. E chiusura del mercato russo dove, dopo la Germania, eravamo i principali esportatori.
In secondo luogo l’incapacità di prevedere la vittoria di Trump, a meno che i Servizi non avessero detto a qualcuno di loro che non sarebbe arrivato vivo alle elezioni come in effetti stava accadendo. Per tre centimetri il corso della storia sarebbe rimasto invariato e, a pensar male…
In terzo luogo non aver preso subito delle contromisure di fronte al cambio di scena ben sapendo cosa voleva fare Trump continuando a ripetere che bisognava dare armi, armi e armi, con grande gioia della industria bellica. Non esistono più gli analisti di una volta perché adesso essendo raccomandati, dicono ai leader quello che si vogliono sentire dire e non la realtà. Proprio come accade nelle dittature. Si chiama dittatura dell’ignoranza.
In quarto luogo non prendere atto della realtà e raccontare la favoletta del rischio di invasione russa proclamando di investire 800 miliardi invece che in scuole, ospedali, sostegno al reddito, in forniture militari. Tutto questo senza che ci sia un minimo di rispetto per quello che pensano le persone.
Sappiamo che sono state sempre le elite a trascinare la povera gente in guerra. Oggi assistiamo a mobilitazioni paragonabili a quelle degli interventisti nel 1915 e alla decisione di Mussolini di entrare in guerra nel 1940.
L’Europa dovrebbe, a mio sommesso parere, giocare di rimpallo fra le tre grandi potenze, ma ai ceti dirigenti europei manca completamente la sapienza diplomatica perchè ormai fanno la politica nei talk show.
Domani, vista l’audience, è un altro giorno e si saprà. Povero Zelenski? Direi poveri no.
(post dal profilo facebook dell’autore)