Italia

Meglio pendolare che emigrato?

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di Luigi Poi

La vicenda della bidella pendolare, quotidianamente in viaggio “tra la stazione centrale di Napoli e quella di Milano” (vero, verosimile o parzialmente fondata che sia) ha occupato le pagine di tutti i quotidiani nazionale e locali, le TV ed i social.
L’operatrice scolastica che ha rilasciato l’intervista al quotidiano milanese “Il Giorno” è una ventinovenne napoletana e si chiama Giuseppina Giugliano. Ha sostenuto che gli risulta più economico sobbarcarsi un viaggio in treno di dieci ore al giorno (tra andata e ritorno) invece di sostenere il peso di un affitto che a Milano e dintorni è particolarmente oneroso. Impresa che non sarebbe sostenibile da una ragazza Sorrentina che dovendo servirsi della Circumvesuviana avrebbe poche o quasi nulle speranze di raggiungere l’alta velocità. Chiaramente dopo una prima benevola e caritatevole accoglienza di questo suo “o“ e dopo le solite stucchevoli analisi socio-economiche e politiche dei soliti sapientoni che affollano le prime pagine dei grandi giornali nazionali e delle Tv (che il problema del lavoro dei figli non lo hanno ), la “povera“ Giuseppina ha incominciato a prendere bastonate mediatiche soprattutto dai social. Una occasione ghiotta per poter sbranare qualcuno, dato che è stato facile fare i conti dei costi, degli orari e delle presenze lavorative.

L’ingenuità della operatrice scolastica è palese, ma la sua situazione poteva essere guardata ed esaminata sotto un punto di visto più realistico e generalizzato: la grande fuga dei ragazzi del Sud verso le città del Nord e l’Estero. A difenderla sono rimasti solo alcuni studenti del liceo artistico Boccioni di Milano dove lavora ed alcuni professori. “Assenze? Come tanti. E’ la più dolce, sempre sorridente“. Inoltre il giornale afferma che non si sapeva che vita facesse per venire qui e che non è il solo caso nelle scuole della città meneghina. Al liceo Tenca un docente di musica fa il pendolare da tre anni anche se deve affrontare una distanza minore essendo un residente di Firenze. E sono tanti i meridionali che in ruoli diversi contribuiscono al buon funzionamento delle scuole e tutti speranzosi di ottenere il trasferimento il più presto possibile e tutti comunque a fare i conti col caro affitto, in particolare e col caro vita, in generale, di Milano e delle cittadine del nord. Caro affitto e carovita che pesano ancora di più quando, stando lontano da casa, non si può usufruire dell’aiuto della famiglia. La Voce di Napoli ci informa che Giuseppina Giugliano è rimasta sconvolta dalle prese in giro e dalle offese che ha ricevuto e sta ricevendo sui social e per l’odio che la sua storia ha suscitato, tanto che si è barricata in casa.
Chiunque di noi, chiunque dei lettori di “Penisolainpolitica“ che ha familiari che hanno trovato lavoro al Nord o all’estero sa bene quante sono le difficoltà iniziali e quali sacrifici e privazioni si devono sopportare, specie se si tratta di occupazioni con remunerazioni modeste. La vicenda della “nostra bidella” come al solito è stata trattata puntando più a colpire la persona che non ad esaminare la sostanza della denuncia, della realtà dei fatti. Una ragazza che per sottrarsi alla precarietà e per non pesare sul reddito dei genitori (venditori ambulanti), priva di raccomandazioni o protezioni politiche e sindacali, senza appartenere a dinastie che contano, senza un titolo di studio qualificante, senza le qualità professionali richieste dal limitato mercato del lavoro napoletano, senza essere figlia o nipote o sorella o amante di….., senza avere una azienda familiare alle spalle, insomma senza SANTI IN PARADISO ha accettato un lavoro così lontano da casa per poi rendersi conto dei costi della vita di una grande città italiana ed europea come Milano. Stessa sorte è toccata, tocca e toccherà a tanti altri giovani che dal Sud puntano anche all’Europa. Di cosa avrebbero dovuto parlare e scrivere i “sapientoni ed i tuttologi “ a caccia di gettoni di presenza nei talkshow televisivi o di facile notorietà sui alcuni giornali (che tra l’altro spesso dimenticano di essere sostenuti e mantenuti in vita da soldi pubblici)? Ricordare l’arretratezza socio economica delle regioni del Sud ed anche di alcune del centro, la capacità delle regioni del nord di creare occasioni di lavoro, soprattutto nel settore privato, la richiesta inevasa di posti di lavoro ad alta specializzazione, l’eccesso di episodi di nepotismo per la conquista di posizioni lavorative migliori e più remunerate e garantite nell’apparato statale e regionale , la mancanza di meritocrazia nell’apparato pubblico e nella scuola. Ed ancora di non meravigliarsi se molti giovani talenti italiani anche dalle regioni più ricche e con un tasso di occupazione più alto emigrano all’estero per le maggiori possibilità di vedere riconosciute le proprie capacità e le proprie conoscenze ; scappano verso “le città globali” europee come Milano, Londra, Berlino, Parigi.
Forse lo ha ben scritto Econopoly il 20 gennaio scorso: “il sistema italiano è vecchio e lascia poco spazio a giovani menti e professionalità che, visto l’alto profilo, non hanno difficoltà a trovare lavoro (fuori dall’Italia) e soprattutto essere pagati come meritano”.

E se il sistema italiano è vecchio immaginarsi quello del Sud e quello della Campania. Lo Svimez ha segnalato che ad inizio 2020 (prima della pandemia e della sciagurata guerra Ucraina) erano due milioni i meridionali verso il Nord, una vera e propria emergenza. In questi due milioni sono stati calcolati anche i giovani, più benestanti, che si possono permettere di studiare nelle più qualificate università “nordiste“. Scrive il direttore dello Svimez, Luca Bianchi: “E’ una emergenza le cui dimensioni superano il fenomeno dell’immigrazione“ che oltre ai susseguenti problemi sociali ed economici comporta anche il rischio ben più grave dello spopolamento, fenomeno che già interessa i piccoli centri abitati sotto i 5 mila abitanti che non beneficiano del turismo o di altro comparto produttivo rilevante. Come non si ha il coraggio civico di parlare che mentre i giovani sudisti se ne vanno e col loro lavoro e la loro professionalità contribuiscono ad arricchire terre non natie aumentano gli immigrati (oltre centomila in media negli ultimi anni quelli intercettati) con l’aggravante che questi ultimi comportano un costo per le casse pubbliche che aggiunto alla perdita del valore del lavoro dei nostri ragazzi emigrati all’Estero determina un aggravio del debito pubblico che negli anni diverrà insostenibile.

Ed ancora più grave in prospettiva futura perché complessivamente vanno via dall’Italia circa 120.000 persone ogni anno , per la maggior parte giovani fino a 35 anni di cui 1 su 4 in possesso di laurea. Questo nonostante nel 2021 siano state effettuate centinaia di migliaia di richieste di assunzioni ma la difficoltà di reperimento si è inchiodata al 32% (a tal proposito è evidente che incide il reddito di cittadinanza e il lavoro nero). Secondo l’annuale rapporto di Unioncamere nel 2022 i lavoratori che le imprese (la maggior parte del Nord) non riuscivano a trovare erano circa 1,2 milioni nel 2020 e nel 2022 sono saliti a circa 2,1milioni mettendo seriamente a rischio il tessuto produttivo nazionale. Spiacevole situazione questa dovuta sia all’accennato reddito di cittadinanza sia ad una mancato incontro tra le professionalità richieste ed i titoli in possesso degli aspiranti al lavoro. E qui si apre il discorso della inadeguatezza della Scuola obbligatoria e quella secondaria.
Di fronte alla evidente gravità di queste realistiche situazioni che interessano la capacità produttiva ed occupazionale dell’Italia e quindi il benessere e la pace sociale è il caso di ricoprire di fango e deridere la collaboratrice scolastica Giuseppina Giugliano?
Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?” ( Gesù di Nazaret).

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