Italia

Per combattere Giuseppe Conte si distrugge lo stato sociale…Le lacrime di coccodrillo della sinistra

Stampa

Silvia Truzzi oggi ha pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” un interessante articolo dove spiega in modo ineccepibile che la principale responsabilità sulle critiche al Reddito di Cittadinanza, la cui riforma in senso restrittivo è stata annunciata e varata da Giorgia Meloni con la legge di bilancio 2023, va ascritta ai media che dal suo varo da parte del Governo-Conte l’hanno demonizzato e demolito additando all’opinione pubblica i suoi percettori come nullafacenti, sfaccendati, gente che non aveva e non ha alcuna voglia di lavorare e così via. Basta rileggersi le centinaia di articoli, interviste e interventi di opinionisti al soldo dei  loro editori che hanno demonizzato il provvedimento orchestrando una campagna di disinformazione che ha centrato il suo risultato che era quello della condanna civile e del rigetto dello spirito della legge da parte di un’opinione pubblica trasformata in un pubblico da arena gladatoria smaniosa di “sangue“.

Giuseppe Conte

Per tutti Massimo Giannini, direttore de “La Stampa“, ospite fisso di tanti tolk-show televisivi e in particolare di Otto e Mezzo condotto da Lilli Gruber su La7, che ha incarnato il ruolo del detrattore del RdC impegnato a demolire il Movimento 5 Stelle e in particolare Giuseppe Conte e che oggi si straccia le vesti perchè la Meloni l’ha abolito a partire dall’agosto 2023 o, meglio, ha escluso i cosiddetti “occupabili” dal continuare a beneficiare di quell’assegno che, dalla pandemia a oggi, è riuscito ad aerginare gli effetti devastanti di una crisi socio-economica che tocca, come sempre, le fasce sociali più deboli, più povere, gli esclusi, quelli cui non guarda la destra nè quella pseudo-sinistra ipocrita che oggi, resasi conto di essere stata abbandonata dal proprio elettorato, finge di struggersi la coscienza per la scelta, peraltro ampiamente annunciata e propagandata dalla destra, di abolire il RdC.

Tutto soltanto per combattere Conte, il leader del M5S che contro ogni previsione è riuscito nell’impresa di rivitalizzare elettoralmente il partito libero ormai da quella componente contaminata e assimilata al sistema il cui emblema è stato Luigi Di Maio, bocciato sonoramente dagli elettori e oggi beneficato con un incarico di osservatore dell’UE molto ben remunerato e sottratto a qualsiasi controllo da parte dei cittadini, quindi ben più soddisfacente di una poltrona parlamentare o di governo.

Giorgia Meloni

Il problema di questo ceto politico eretto a classe di governo da un lato e dall’altro relegato all’opposizione è che, fatta eccezione della Meloni che è oggettivamente leader del proprio partito, non può accettare che il solo Giuseppe Conte è oggi sul fronte opposto altrettanto leader riconosciuto e apprezzato dall’opinione pubblica rispetto ai Calenda, ai Renzi, ai Letta, ai Salvini&Giorgetti, ai Tajani, alla Carfagna lasciando da parte il canuto Berlusconi ormai da tempo fuori dai giochi che contano, ma gestore eccellente della partita “usus sui“. Un “fuori dal coro“, Conte, indigesto per il sistema che ne teme la nuova ascesa e che sta usando la clava del governo per demolire i due provvedimenti simboli di quella stagione, appunto il RdC (che per ammissione dello stesso Conte va aggiornato sulla base dell’esperienza maturata sul campo) e il 110% per la ristrutturazione del patrimonio edilizio nazionale che è stato un toccasano per occupazione ed economia al di là delle truffe orchestrate dai soliti malfattori e criminali a danno di un Paese effettivamente bisognoso di attuare un risanamento edilizio e un adeguamento energetico e che invece dilapida miliardi di euro nell’industria bellica col pretesto di sostenere la folle guerra ad oltranza di Zelensky contro la Russia di Putin in nome della difesa dell’aggredito da parte dell’aggressore che ha stancato perfino Biden pronto a stringere la cinghia dei finanziamenti e delle armi all’Ucraina. Anche qui il solo Conte ha usato parole chiare, sostegno ma cercando la pace, assumendo iniziative di pace di cui sempre lo stesso sistema con i media asserviti non vuol sentire assolutamente parlare. Ha ragione Travaglio quando scrive che solo in Italia è vietato parlare di pace con riferimento alla guerra in Ucraina.  Sic stantibus rebus diamo fiato alle trombe di un Paese che ha smarrito la visione di una cultura della legalità di cui questa destra non può e non sa essere interprete e che rischia di consegnarci nella mani delle mafie che continuano a ingrassare sulla nostra pelle!

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