Campania,  Massalubrense,  Meta,  Napoli,  Piano di Sorrento,  Provincia di Napoli,  Sant'Agnello,  Sorrento,  Vico Equense

L’avv. Francesco Saverio Esposito commenta la sentenza della Corte Costituzionale sul “Piano-Casa”

Stampa

Sulla sentenza della Corte Costituzionale che mette un punto fermo sulle spesso fantasiose interpretazioni urbanistiche da parte di tecnici e amministrazioni locali che tanti danni hanno prodotto, non solo al territorio, ma anche alle persone che hanno avuto la sfortuna di fidarsi di iniziative destinate purtroppo al fallimento. Abbiamo chiesto all’avv. Francesco Saverio Esposito che ha difeso i fratelli Apreda nel procedimento finito all’esame della Corte Costituzionale e che ha visto in campo anche Italia Nostra e Fare Ambiente, un parere sulla sentenza e sulle sue implicazioni.

AVV. FRANCESCO SAVERIO ESPOSITO: “La sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 27 dicembre ha un rilievo che travalica i confini della Costiera Sorrentino Amalfitana e, in pratica, compromette ed, anzi, esclude che possa applicarsi il piano casa in deroga ai limiti fissati dalla pianificazione paesaggistica e ciò in tutte le aree regionali per le quali risulta approvato un piano paesistico: Area Flegrea, isole, Parco del Vesuvio, Parco del Cilento e del Vallo di Diano ecc…..
L’Art. 12 bis della L.r. 19/09 annullato dalla Corte nei proponimenti del Legislatore regionale non costituiva deroga ai piani paesistici in genereale ed al PUT nel caso concreto perché consentiva l’applicabilità della normativa premiale del piano casa solo nelle aree sottratte a vincoli di inedificabilità assoluta.
E però come correttamente osservato dalla Corte, ove applicato detto principio, “avrebbe compromesso l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica assunta dalla normativa statale quale valore imprescindibile da porre al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali”.

E, dunque, l’applicazione in concreto delle disposizoni del piano casa, indipendentemente dalla edificabilità o meno delle aree, avrebbe compromesso e sconvolto quel principio del proporzionamento degli interventi possibili su territori ad alta valenza paesaggistica e ambientale che è l’essenza di qualsivoglia pianificazione in materia. Sarebbe venuto meno uno dei capisaldi su cui reggono i criteri ai quali devono uniformarsi i piani paesaggistici come indicato dalla Legge 431/85 cd “Legge Galasso”.
Il PUT della costiera sorrentino-amalfitana impone che ogni ulteriore attività edilizia, non solo di tipo residenziale ma anche volta a realizzare servizi e standard, debba rispondere a criteri di proporzionamento che ne giustifichino la realizzazione.

Si immagini la situazione in cui versano i Comuni della costiera sorrentina dove i vani residenziali censiti già superano e non di poco il numero dei residenti tanto che gli strumenti generali  prevedono nuovi vani solo di edilizia pubblica e unicamente per sostituire vani malsani o sovraffollati.
I vani previsti con il piano casa, in quanto non individuati dalla programmazione dello strumento urbanistico generale dei vari enti locali, sarebbero, pertanto, ulteriori e tali da aggravare il divario tra vani esistenti e residenti. Il che, peraltro, finirebbe per attrarre nuova immigrazione con prevedibili conseguenze su un territorio già carente di servizi e standard. Anzi l’edificazione di nuovi vani ad uso residenza richiederebbe fatalmente una nuova programmazione e con essa l’ipotesi, in relazione a vani edificati al di fuori del proporzionamento, di un ulteriore consumo di suolo ove allocare i necessari standards.
Come ha correttamente rilevato la Corte sarebbe “compromessa l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica” e con essa i principi che hanno indotto il Legislatore statale a imporre i piani in ambiti di grande rilievo ambientale, storico e paesaggistico.
Ma la sentenza emessa dalla Corte fissa un nuovo importante principio:
Neppure finalità di agevolazione dell’attività edilizia o di carattere economico e sociale possono far venir meno, come afferma la Consulta, “la natura cogente e inderogabile delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio adottate dal legislatore statale nell’esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, trattandosi di competenza che si impone al legislatore regionale che eserciti la propria competenza nella materia edilizia e urbanistica”.

Nemmeno, quindi, finalità economiche o sociali, pur considerevoli, sono bastevoli a giustificare il superamento di quanto dettato dall’art. 145 del D. Lgs 42/04 che, sul presupposto che la tutela del paesaggio sia bene prevalente costituzionalmente garantito, dispone la prevalenza delle norme contenute nella pianificazione paesaggistica su ogni altra disposizione contenuta negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale. In breve la prevalenza delle norme paesaggistiche su quelle degli strumenti urbanistici comunali generali o di attuazione.
Il che, poi, lascia emergere anche la inutilità di varare PUC o PUA in contrasto con il PUT salvo a creare motivi di contenzioso e incertezza.
Eppure ancora nei Comuni costieri c’è la rincorsa a varare PUA che violano le norme del PUT o deliberati che, sulla scorta di presunti interessi pubblici, derogano a tutto anche alla ragionevolezza che dovrebbe sempre assistere funzionari e amministratori pubblici.
C’è da sperare che sia stato messo un punto fermo e che da questo momento i Comuni dell’area finalmente prendano atto che le regole costituzionali vanno rispettate senza varare o tentare di varare piani urbanistici o di attuazione di fatto inattuabili perché in contrasto con disposizioni paesaggistica. Atti che creano solo confusione e sono forieri di contenziosi anche dolorosi perché in qualche caso si coinvolgono persone estranee alle scelte legislative o amministrative ma che, tuttavia, pagano le conseguenze di avventure politiche e di esperimenti o alchimie tecniche fin troppo ardite.
La decisione come tutte le decisioni della Corte avrà comunque anche un riverbero nazionale perché non poche saranno situazioni del genere in altre regioni e per cui una sentenza come quella adottata a fine anno dalla Consulta potrà essere di riferimento”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*