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L’emergenza covid-19 ha riacceso i riflettori sul Comune Unico Sorrentino

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Penisola SorrentinaIl settimanale Agorà propone un articolo che riapre il dibattito sulla fattibilità del Comune Unico Sorrentino. Un tematica cui abbiamo dedicato ampia attenzione e che merita di essere approfondito. Vi proponiamo il servizio.

L’emergenza covid-19 e l’azione svolta dai sindaci peninsulari nella gestione di questa situazione assolutamente unica nel suo genere sta riaccendendo sui social il dibattito sull’utilità di unificare i Comuni dell’area sorrentina giudicando la prospettiva alla stregua della soluzione ottimale per un migliore, più efficace e più coerente governo di un territorio che conta 81.959 abitanti per una superficie complessiva di 72,55 kmq.
In questo senso a fare la parte del leone per kmq e abitanti è la città di Vico Equense (29,30 kmq e 21.002 ab.) seguita da Massa Lubrense (19,71 kmq e 14.236 ab.). Poi nell’ordine troviamo Sorrento (9,93 kmq e 16.609 ab.), Piano di Sorrento (7,33 kmq e 13.026 ab.), Sant’Agnello (4,09 kmq e 9141 ab.) e infine Meta (2,19 kmq e 7945 ab.).
Se diamo un fugace sguardo all’area metropolitana di Napoli che conta 92 comuni ci accorgiamo che pochissime realtà, in termini di popolazione residente, sarebbero più grandi di una penisola sorrentina riunita in comune unico. Esattamente: Napoli (970.185 ab.), Giugliano in Campania (123.939 ab.) e Torre del Greco (85.762 ab.). Il Comune Unico Sorrentino con i suoi 81.959 abitanti si collocherebbe in questa classifica al quarto posto, per numero di residenti, tra i comuni dell’area metropolitana di Napoli superando, anche se di poco, la stessa città di Pozzuoli che di abitanti ne conta 81.528 e la vicina Castellammare di Stabia con i suoi 66.164 abitanti (per una superficie di 17,71 kmq). Insomma non si parlerebbe più di un comune unico, ma della quarta città della provincia di Napoli in termini di popolazione amministrata da un ente locale.

Convegno Comune UnicoBasta questo dato per comprendere la portata non solo della novità istituzionale, ma soprattutto delle implicazioni (e complicazioni) che ne scaturirebbero sotto una molteplicità di fattori che per lo più sfuggono ai non addetti ai lavori, ma che sono stati ben evidenziati nell’ultimo meeting, svoltosi a Sorrento nel 2016, per iniziativa dell’Associazione La Fenice e nel dibattito che ne è seguito. L’unificazione di Comuni è un processo complesso che passa attraverso una serie di atti che non sono semplicemente quelli di una potenziale volontà o disponibilità delle amministrazioni coinvolte, ma riguarda la Regione e le popolazioni residenti che debbono necessariamente essere coinvolte con una formale consultazione. Purtroppo quando si invoca il Comune Unico Sorrentino quale panacea per tutte le disfunzioni e le contraddizioni politico-amministrative che si registrano nel governo di questi territori, ci si immagina di avere un solo sindaco, una sola giunta e un solo consiglio comunale che, in questo caso, sarebbe composto da 24 consiglieri che avrebbero un valore medio in termini di rappresentanza civica pari a circa 3400 cittadini cadauno.

Una novità che cambierebbe l’identità e il valore politico della rappresentanza elettiva che risulterebbero assimilate di più a quelle realtà dove la dimensione politica e il rapporto tra eletto ed elettore sono frammentati e mediati anche da altri interlocutori che si intromettono nella cosiddetta “filiera politica” quanto più essa è larga e consente manipolazioni. In una realtà come quella peninsulare il rischio di una “contaminazione politico-elettorale” esterna sarebbe favorita dall’accresciuta dimensione istituzionale e sottratta a quelle garanzie civiche frutto di un più stretto e diretto rapporto tra eletti ed elettori.
Non si sottovaluti questo aspetto del problema perché la nuova e molto più grande dimensione istituzionale spalancherebbe le porte (tante care) della Costiera anche a un “management politico” estraneo e portatore di interessi che oggi solo in minima parte trovano spazio nelle amministrazioni cittadine, quantunque dimostrino già forza e capacità di aggregazione. Esempi significativi li abbiamo sotto gli occhi e si concretizzano in particolare nel settore edilizio. Anche il sistema imprenditoriale commerciale e turistico appare sempre meno impermeabile a queste contaminazioni che stanno trasformando la realtà e la dimensione socio-economica dell’area. Quanto più grande è il territorio da governare, tanto maggiori sono le “indifferenze” della politica verso i problemi della comunità o parte di essa, verso le carenze che si registrano e i fabbisogni da soddisfare. Basta guardare a quello che succede nella grandi città, non solo campane, per rendersene conto.

Ci sono poi i problemi di natura strettamente tecnica, sul piano patrimoniale e finanziario, che non agevolano una formale unificazione dei Comuni stante le consistenti differenze che rendono più critico il conseguimento di quella “pari dignità” tra i diversi attori istituzionali, condizione sicuramente pregiudiziale per realizzare un’unificazione che non somigli piuttosto a un processo di fagocitazione da parte del più grande a spese del più piccolo. Dove per grande e piccolo si devono intendere, nell’ordine, la superficie territoriale, la popolazione residente, il patrimonio pubblico originale.
Quello che potrebbe apparire un vantaggio, cioè una politica e un governo unico per l’area, nell’esercizio pratico della gestione si trasformerebbe inevitabilmente in una disparità di trattamento, quindi in uno svantaggio per alcune realtà minori, periferiche rispetto a un centro che ridisegnerebbe anche gli ambiti e i confini sociali e culturali del territorio a dispetto di plurisecolari identità e peculiarità che conservano in gran parte una loro ragion d’essere.

C’è poi una componente di natura squisitamente politica da prendere in considerazione e riguarda i protagonisti in campo nelle diverse amministrazioni e che non sono soltanto i sindaci. Attenzione! Si tratta di tutti gli eletti nelle amministrazioni locali e che compongono il consiglio comunale per un totale complessivo di 88 consiglieri più 10 assessori esterni nei Comuni di Sorrento e Vico Equense che superano i 15mila abitanti e le due funzioni, consigliere e assessore, sono incompatibili. Si arriva così a 98 amministratori, cifra che può oscillare in ulteriore aumento vista la facoltà che anche i Comuni con meno di 15mila abitanti (quindi gli altri 4 Comuni) possono avere assessori esterni nel numero contemplato dai propri statuti. Insomma a regime si tratta di una platea di 110/115 persone che svolgono attività politica con svariati interessi che, diversamente, non sarebbero in grado di coltivare col Comune Unico Sorrentino che prevede solo 24 eletti consiglieri e massimo 7 assessori. Quindi un serio dibattito sul Comune Unico Sorrentino non può prescindere dal tenere in considerazione questo aspetto tutt’altro che secondario e che prescinde anche dalle volontà dei sindaci neanche loro entusiasti di rinunciare alla poltrona in favore di un supersindaco dell’area costiera.

Le implicazioni politiche insite in questo processo di “contrazione della rappresentanza elettiva” sono decisive e lo dimostra il fatto che a tutti i dibattiti e i confronti organizzati sull’argomento sono stati praticamente disertati quasi all’unisono dagli eletti nelle varie amministrazioni peninsulari, né si è mai ascoltato un intervento qualificato e appassionato sull’argomento che non trova assolutamente spazio neanche nei programmi elettorali e in quelli amministrativi degli enti locali. Tanto per capirci: il tema appassiona una parte dell’opinione pubblica, quella più attenta e ansiosa di veder attuate politiche di livello comprensoriale che possono avere positive ricadute su tutta l’area in termini di programmazione e di razionalizzazione dei centri di spesa, altro tema delicatissimo e che non necessita di troppe spiegazioni per comprendere quanto possa stare a cuore dell’intera classe politica locale. (1 – continua)

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