Piano di Sorrento

Piano di Sorrento, Monia Cilento e il “Diario di un consigliere comunale ingenuo”

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Monia Cilento
Monia Cilento

PIANO DI SORRENTO – Qualche giorno fa lo sfogo su facebook: Monia Cilento, consigliere comunale di minoranza, annuncia di voler pubblicare sul social un “diario di un consigliere comunale ingenuo“. Perchè? Lo spiega con questo post: “Devo essere sincera, viviamo un tempo davvero cupo. Mi sento terribilmente inadeguata, soprattutto nel ruolo temporaneamente pubblico di consigliere comunale. Comunicare, fuori dai social, mi è sempre sembrato il modo per riportare ragionevolezza ed umanità nei rapporti e nella gestione delle cose pubbliche. Comunicare è la cosa più difficile da fare. Ma puoi lavorare quanto vuoi, prestare il tuo tempo e le tue competenze, impegnarti nei rapporti diretti, organizzare incontri, portare le discussioni in Consiglio Comunale, studiare, cercare soluzioni e discuterne pubblicamente. Non serve a niente…

Se non lo scrivi su fb, non serve a niente. I commentatori e gli opinionisti riportano solo quello che fa comodo alla propria fazione, se non appartieni a questo o a quel gruppo, non serve a niente. Perfino le persone che credi di aver aiutato, s Marano dimenticare le cose fatte. Allora, per quanto difficile per me ed impegnativo, prendo atto di questa cosa, faccio un ennesimo mea culpa, e mi metterò a scrivere anche io, con tutto il carico che per me ne consegue. Avvierò una rubrica e la chiamerò “diario di un consigliere comunale ingenuo”, a mo’ di promemoria per me e per quelli che “dopo di me” (come disse una persona intelligente è sempre presente alle iniziative sulla città) vorranno fare questa esperienza. Non servirà a niente, se non, spero, a rimanerci meno male ed arrivare a fine mandato col fegato meno spappolato”.

DEI NEGOZI DI PROPRIETA’ COMUNALE DI VIA SAN MICHELE

“Sono in terra greca, che la musa della sintesi e della chiarezza mi assista.. Dei negozi in via san Michele abbiamo cominciato ad occuparci come Gruppo dall’inizio del mandato, un po’ per le attività di controllo sul patrimonio del Comune e sulle morosità, un po’ nell’ottica della rinfunzionalizzazione di una zona strategica della città, che presenta anche altri problemi (il palazzo crollato dall’80, il parco San Michele, entrambi oggetti di interrogazioni e mozioni… ma questa è un’altra storia). Personalmente ho cominciato a pensare agli spazi in via San Michele in relazione al Centro Polifunzionale e al progetto di formazione e avviamento alla creazione di impresa. Formazione alla autoimprenditorialità, spazi di insediamento, accesso al fondo di garanzia regionale mi sembravano tutte le condizioni necessarie e sufficienti a superare le difficoltà di avvio di impresa (costi fissi e accesso al credito bancario) e a fare del borgo un vero incubatore di idee, un laboratorio creativo nel centro della città. Si sarebbe potuto immaginare che nel nostro territorio fare impresa ad esempio col turismo non vuol dire solo aprire un b&b. Ma questa è un’altra storia.

Nel frattempo l’Amministrazione, traendo spunto da una proposta di Salvatore Mare, ha lanciato il primo bando, andato deserto. I prezzi non erano sufficientemente competitivi per i soggetti a cui le agevolazioni si rivolgevano. Intanto, nel paese continuano a chiudere le attività commerciali ma i prezzi degli immobili (negozi come studi) continuano ad essere proibitivi per chi voglia avviare o consolidare una attività. Non si tratta solo di attività commerciali ed artigianali: anche i giovani e meno giovani professionisti (e penso tanto anche alle nuove professioni e alle partite iva) hanno difficoltà a trovare un luogo che sia adatto a “crescere professionalmente”. Allora ho pensato che potessimo sperimentare per i negozi di via San Michele una ipotesi di co/working, ovvero degli spazi di lavoro condivisi ed attrezzati, dove fosse possibile insediare attività diverse e complementari, per i periodi di tempo più adatti alle esigenze di ciascuno. Avere un luogo di rappresentanza dove ricevere clienti, uno spazio proprio dove poter però fare rete con altri, può fare la differenza in tanti campi.

Un solo negozio avrebbe potuto essere sfruttato così, gli altri valorizzati premiando magari il merito di proponenti invece che un reddito isee talmente basso da escludere dalle agevolazioni chiunque fosse ancora nello stato di famiglia di genitori con casa di proprietà (che come sapete nemmeno vuol dire ricchi o disposto a fare da finanziatori). Avevamo chiesto diecimila euro da investire, la discussione è stata lunga e anche interessante (seguitelo sto Consiglio Comunale!!) ma la differenze di visioni ha portato la maggioranza a preferire una seconda edizione de bando, che ha ripresentato gli stessi limiti del primo, andando deserto. Leggere poi in questi giorni il post di Claudia Attianese è stato per me particolarmente frustrante. Mi è capitato di accompagnare tanti ragazzi al finanziamento dei propri progetti e sogni e vederli scontrarsi con le difficoltà dell’accesso al credito o di costi di gestione fissi troppi alti. Ne ho parlato tante volte, ma evidentemente non abbastanza da convincere. Da buon consigliere ingenuo, continuerò a farlo, sentendomi mio malgrado responsabile per non riuscire ad offrire ancora una possibilità, una strada valida.
Ps. Quello che ho ricavato dalla discussione in consiglio è stata la scherzosa minaccia di finire denunciata alla corte dei conti per il sicuro fallimento della iniziativa di co-working.
Ps 2. Fa caldo, la musa della sintesi non mi ha assistito manco per niente, sarà al mare.

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