Campania,  Italia

Regione, indagata l’On. Paolino per voto di scambio mafioso, l’intervento della Caponnetto

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Monica Paolino (F.I.)
Monica Paolino (F.I.)

La notizia dell’indagine che vosto indagata l’On. Monica Paolino, presidente della Commissione Regionale Antimafia della Campania, per voto di scambio politico-elettorale di tipo mafioso allunga un’ombra sinistra sulla nuova consiliatura regionale. L’indagine è condotta dal PM Vincenzo Montemurro della DDA di Salerno coinvolge anche il Comune di Scafati e il sindaco Pasquale Aliberti, marito della Paolino e anch’egli indagato nella stessa inchiesta che riporta alla luce le polemiche sui cosiddetti “impresentabili” indicati dalla Sen. Rosy Bindi (PD) alla vigilia delle elezioni regionali e che tante polemiche scatenò perchè coinvolgeva lo stesso presidente Vincenzo De Luca (PD) poi eletto.

Rosy Bindi (PD)
Rosy Bindi (PD)

La vicenda della Paolino segue di qualche giorno un altro intervento, sempre della Sen. Bindi, e che ha scatenato altrettante polemiche, circa il fatto che la componente camorristica sarebbe insita nel dna dei napoletani e dei campani. Una dura presa di posizione su questa vicenda giudiziaria viene da Elvio Di Cesare, segretario nazionale dell’Associazione “Caponnetto” che ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Elvio Di Cesare
Elvio Di Cesare

“I fenomeni criminali registrati sul territorio della provincia di Salerno hanno, rispetto a quelli delle altre province campane, una loro specifica peculiarità. Le organizzazioni criminali attive su quel territorio presentano infatti profili di peculiarità tali da accostarle al sistema mafioso delle ‘ndrine presenti nella regione Calabria. Infatti nel salernitano non troviamo storiche famiglie, ovvero apparati criminali organizzati in strutture piramidali. Le recenti operazioni della magistratura salernitana e delle forze dell’ordine hanno messo in luce come i sodalizi criminali agiscano in quel territorio con strategie invasive che operano in modo talmente capillare da creare sul territorio una rete che include relazioni di autorità e di potere distribuite orizzontalmente. In altri termini, come ha efficacemente evidenziato la DIA in un recente rapporto, operano “più nuclei di potere decisionale che proliferano e agiscono autonomamente, collaborando tra loro e con le consorterie criminali delle altre province al fine di realizzare progetti comuni immediati o a medio-lungo termine che producono profitto per tutti”.
Sul territorio della provincia di Salerno si riscontrano sodalizi riferibili alle seguenti famiglie:
Apicella, Bisogno, Celentano ( operanti a Cava dei Tirreni),
Carratù, Capozza (Eboli),
Contaldo, Adinolfi Petrosino – Fezza (Pagani),
D’Agostino – Panella (Salerno),
D’Auria, De Feo – Bellizzi (Piana del Sele),
Genovese (Baronissi, Vallo dell’Imo),
Graziano, Serino (Sarno, Agro nocerino sarnese),
Iannaco (Sant’Egidio del Monte Albino),
Mariniello – Pignataro (Nocera Inferiore, Agro nocerino sarnese),
Matrone (Scafati),
Pecoraro – Renna (Battipaglia, Piana del Sele),
Tempesta (Angri).

GLI INTERESSI DELLA FAMIGLIE MAFIOSE SALERNITANE

Gli ambiti criminali nei quali agiscono questi sodalizi sono prevalentemente quelli del traffico degli stupefacenti, smaltimento dei rifiuti, degli appalti pubblici legati alla riqualificazione urbanistica, portuale e costiera locale e quella infrastrutturale nazionale, l’imprenditoria alberghiera, ristorativa e l’indotto turistico.

L’ingerenza, il condizionamento e la strumentalizzazione dell’azione amministrativa degli Enti Locali a favore di interessi criminali rappresentano un fenomeno molto esteso su quel territorio.

Basta ricordare le vicende culminate nello scioglimento del Consiglio comunale di Pagani e le recenti incriminazioni che hanno portato la magistratura salernitana ad indagare ben 52 persone (nella cosiddetta Operazione Criniera). L’indagine riguarda l’intreccio tra politica e camorra a Pagani. Tra gli indagati, l’ex sindaco Alberico Gambino (oggi rieletto alla Regione Campania), il consigliere comunale ed ex consigliere provinciale Massimo D’Onofrio, nonché Gerardo Cascone detto Aldo, ex assessore alle attività produttive della giunta Gambino ed ex assessore provinciale al turismo, padre della consigliera comunale di FdI Raffaella Cascone; ancora, il fratello di Aldo, Renato Cascone, già consigliere comunale in seno all’amministrazione Gambino, e l’ex presidente dell’ormai fallita Multiservice Giovanni Pandolfi Elettrico.

Insomma, l’infiltrazione e la collaborazione camorristica nelle amministrazioni sono un punto nevralgico per questo tipo di attività, tanto che, in base alle indagini, eclatanti continuità sono state scoperte tra amministratori, funzionari pubblici e camorristi.
Ricordiamo inoltre il recentissimo caso dello scioglimento del comune di Battipaglia, il cui sindaco è stato accusato di aver privilegiato, durante la assegnazioni di commesse pubbliche, aziende legate ai clan dei Casalesi.
Questo territorio, quindi, è stato gravato, come quello delle altre provincie della Campania, dalle complicità politiche/criminali, soprattutto, per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti nelle aree agricole del Vallo di Diano, dei Picentini e della Piana del Sele.
Un’ulteriore peculiarità dei sodalizi criminali operanti in quei territorio sta nel fatto che le stesse non disdegnano di aprirsi a commistioni con organizzazioni criminali di altre province, come quelle di Caserta (in particolare Casal di Principe), oppure quelle di Avellino (in particolare dei clan Cava e Graziano).

COINVOLTO IL SINDACO DI SCAFATI, INFLITRAZIONI NEL SALERNITANO

Pasquale Aliberti Sindaco Scafati
Pasquale Aliberti Sindaco Scafati

La vicenda giudiziaria di stamane, che vede coinvolti il sindaco di Scafati, la moglie del sindaco, la consigliera regionale di Forza Italia – e presidente della Commissione regionale antimafia – Monica Paolino, indagata per voto di scambio, e Immacolata Di Saia, della segreteria comunale, appare molto grave perché dimostra come il calare di attenzione degli organi del Ministero dell’Interno in questo delicato fenomeno delle ingerenze criminali nei comuni, sia del tutto ingiustificato. Vale a dire che se gli strumenti di prevenzione che la legge pone a disposizione dell’Amministrazione degli Interni avessero funzionato con regolarità, sicuramente oggi non ci saremmo trovati di fronte ad attività dello Stato volte a reprimere (piuttosto che a prevenirne le correlate condotte) i reati che secondo le accuse (da confermare in sede di giudizio) purtroppo sono già consumati.

Infatti l’attenzione degli organi inquirenti è stata indirizzata verso la documentazione relativa all’aggiudicazione di appalti pubblici, e segnatamente quello relativo alla realizzazione del Polo scolastico comunale dell’importo di circa 6 milioni di euro, al conferimento di incarichi a tempo determinato ai dirigenti dell’Ente e alle determine inerenti i lavori di riqualificazione urbanistica e stradale presso lo stesso consesso amministrativo.
Scafati è stato uno dei tanti comuni già sciolti per infiltrazione mafiosa. Elementi sintomatici di condizionamento della vita amministrativa di quel comune erano già emersi in relazione al recentissimo, inquietante episodio dell’esplosione di un ordigno rudimentale avvenuto a Scafati il primo novembre dello scorso anno davanti all’abitazione dei coniugi Cuomo-D’Alessandro, rispettivamente cognato e sorella dell’avvocato Vittorio D’Alessandro, consigliere comunale di minoranza del comune di Scafati.
L’associazione Caponnetto auspica che la delicata funzione di prevenzione antimafia cui sono deputati per legge i prefetti titolari di sedi provinciali, possa riprendere a dispiegare con regolarità ed efficacia le proprie azioni, cosi come è avvenuto negli anni scorsi. Infatti, alla luce delle vicende giudiziarie come quella di Roma e oggi quella di Scafati, appare evidente come il contrasto a questi deleteri fenomeni criminali di inquinamento degli equilibri democratici degli enti locali, di fatto sia stato delegato solo alla magistratura inquirente.

ROBERTO FICO (M5S): DIMISSIONI IMMEDIATE

Roberto Fico (M5S)
Roberto Fico (M5S)

Sulla vicenda è intervenuto anche Roberto Fico, parlamentare del Movimento 5 Stelle che ha dichiarato: “Ecco l’esempio perfetto per spiegare perché la “riforma” del Senato voluta da Renzi è pericolosissima. Monica Paolino, Forza Italia, è consigliere regionale della Campania. È stata scelta per occupare la poltrona di Presidente della Commissione antimafia del Consiglio regionale della Campania (Commissione speciale anticamorra e beni confiscati). La Direzione investigativa antimafia e i carabinieri hanno perquisito oggi la sua casa a Scafati nonché il suo ufficio nella sede della Regione Campania a Napoli, perché risulterebbe indagata per voto di scambio politico elettorale di tipo mafioso. La persona giusta al posto giusto! Se fosse in vigore il ddl Boschi e la Paolini fosse tra i consiglieri regionali chiamati a comporre il nuovo Senato, godrebbe dell’immunità. Queste potrebbero essere le conseguenze paradossali della pseudo riforma costituzionale. I Consiglieri regionali M5S della Campania hanno appena richiesto le dimissioni immediate della Paolino”.

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