Sorrento

Lucia Gargiulo: “Più attenzione e fiducia alle persone per rilanciare il lavoro”

Stampa

Mentre il Paese vive una delle sue crisi politico-istituzionali, oltre che economica, più profonde il dibattito a tutti i livelli è concentrato sul tema del lavoro, il problema più urgente che attende risposte concrete da un governo che non c’è e dall’incalzare di una crisi produttiva che non ha eguali in altre realtà europee. Quindi l’attenzione che si deve a questo tema non è mai troppa e ne abbiamo discusso con Lucia Gargiulo, consulente del lavoro e componente dell’Associazione Provinciale dei Consulenti, un’attenta e profonda conoscitrice delle dinamiche aziendali e sociali del sistema-lavoro. “Per gli Italiani il lavoro è la priorità numero uno – spiega Gargiulo – parlare di lavoro che non c’è, che va diversamente regolamentato e usato meglio: da qui si deve partire perchè i cambiamenti impongono una rilettura e il riconoscimento di un nuovo signficato del lavoro oggi“…

Qual è una delle questioni più scottanti?  “Innanzitutto l’impossibilità di pensare edi progettare un futurovisto che le forme contrattuali”anomale” provocano distorsioni, ansia e un inefficiente impiego delle energie dei giovani. Bisogna ridare, riconsegnare, riassegnare al lavoro un “senso” che non sia solo economico, che non sia solo l’esito di un freddo scambio tra azienda e persona.

Il bisogno di “sentirsi utile”, di dare un contributo alla collettività, di essere parte di un progetto. In poche  e semplici parole, tornare a vivere il lavoro tramite i valori e con passione, saper riconoscere il valore dei valori insiti nel lavoro“. Che cosa serve oggi, nonostante le difficoltà e la crisi? “Alle imprese e alle organizzazioni occorrono persone motivate e che si lasciano coinvolgeree in progetti che rappresentino una sfida per tutti.

C’è da mettere un po’ di ordine a partire dal fatto che il lavoro deve essere a servizio della persona e della vita. L’Italia è un ambiente poco favorevole allo sviluppo delle imprese ed è incapace di attrarre investimenti produttivi stranieri. Il gioco delle parti sociali si è concentrato sulla difesa dei posti di lavoro esistenti e sul contenimento delle retribuzioni trascurando il tema della nascita delle nuove imprese e della creazione di nuove posizioni di lavoro ad alto contenuto.

Nello stesso tempo lo spirito imprenditoriale si è in parte indebolito nei cimenti con la finanza creativa e per le concessioni quasi monopolistiche“. Qual è la situazione del lavoro inteso in senso generale? “A livello globale il valore complessivo del lavoro aumenta poiché un crescente numero di persone lavora, utilizzando tecnologie e metodologie avanzate. Ciò è positivo nella prospettiva globale di lungo periodo ma, naturalmente, ciascuno deve preoccuparsi anche di ciò che sta accadendo a livello locale e nel breve periodo.

La forte accelerazione dei processi di apertura dei mercati ci impone di gestire una transizione che è certamente problematica, ma che ci può portare a un mondo migliore. Il basso valore economico del nostro lavoro è una faccia del problema. L’altra faccia è il valore etico attribuito al lavoro, la cultura del lavoro. Dobbiamo prestare molta attenzione a questa seconda faccia della medaglia poiché qui troviamo rappresentate le aspirazioni e le speranze delle persone che dovrebbero agire per uscire dalla situazione di crisi.

Per decenni abbiamo condiviso una rappresentazione del nostro paese come realtà nella quale tutte le categorie di persone partecipavano, in varia misura, al generale progresso economico e civile. In ciascuna persona si era radicata la convinzione che la cosa normale fosse progredire nella formazione scolastica, nella qualifica lavorativa, nella carriera, nella retribuzione. Oggi il quadro appare in modo diverso“.

Cioè? “La relativa sicurezza di partecipare tutti a un vasto movimento di progresso è quasi svanita, la nostra società appare composta da insiemi di persone con  esperienze e con attese di lavoro e di reddito profondamente disomogenee e forse divergenti. C’è un problema di energie morali e di fiducia collettiva da riattivare. Non sempre il concetto di lavoro è stato abbinato a qualcosa di utile ed espressione di valori positivi.

Infatti il lavoro soprattutto quello manuale, era considerato una punizione divina, utile solo a espiare un peccato  e strettamente legato all’organizzazione rigida della società, spesso basato su ”caste” senza possibilità di scelta. Questa concezione costrittiva collegata al lavoro perdurò per molte tempo e una prima discontinuità si ebbe nel sesto secolo con le regole di Benedetto da Norcia che impose un rapporto equilibrato tra preghiera e lavoro, attribuendo al lavoro un peso quasi pari a quello della preghiera.

Man mano il lavoro assume sempre più centralità fino a diventarne il protagonista. Rispetto al passato, attualmente il lavoro è ancor più specializzato in quanto frutto di una crescente complessità di saperi“.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*