Diario Politico©Raffaele Lauro,  Sorrento

Sorrento, Cuomo e la “camorra che non c’è”

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Metropolis 29 settembre 2012

Giuseppe Cuomo ieri, durante il consiglio comunale, ha affermato che a Sorrento la camorra non c’è e che si tratta soltanto di spot politico-elettorali da parte dei senatori Lauro (PdL) e Di Nardo (IdV). Si è conquistato la prima pagina e l’apertura del quotidiano Metropolis oggi in edicola, ma ha riaperto la discussione su una questione su cui si è consumato un dibattito che ha coinvolto, in toni anche accesi, politici ed esponenti nazionali oltre che amministratori e opinionisti locali. Il tema non può esaurirsi con una battuta, per tutta una serie di considerazioni che riassumiamo con l’auspicio che possano servire a sviluppare un’ulteriore riflessione. Cominciamo con la dichiarazione rilasciata da Rosario Fiorentino, vice presidente nazionale dell’Associazione “Caponnetto”, su quanto affermato da Cuomo e, nello specifico, per quanto concerne le informazioni che ha detto di aver assunto presso un Colonnello dell’Arma dei Carabinieri subito dopo l’agguato camorristico, con tanto di sparatoria, verificatosi ad agosto alla spiaggia di Vico Equense

Seminario sulla Trasparenza nella P.A.

Il Sindaco ha affermato di aver ricevuto massime assicurazioni da parte di tale Colonnello sull’inconsistenza dell’accaduto e sull’estraneità della Costiera al problema. E ha aggiunto: basta guardarsi attorno a Sorrento per capire che non c’è camorra e che si tratta solo di uno spot elettorale…. Fiorentino replica lapidario: “Ho fiducia nell’Arma. Non posso credere che un Colonnello dei Carabinieri abbia dichiarato ciò“. Il Sen. Raffaele Lauro, interpellato, ha espresso un “no comment” riservandosi una riflessione il 6 ottobre in occasione della presentazione del libro di Enzo Scotti sulla mafia in programma al Museo Correale. Del resto quel che Lauro aveva da dire, anche ai Sindaci peninsulari, l’ha detto in forma di un’accorata raccomandazione da parte di chi, avendo un osservatorio privilegiato, ha conoscenza e argomenti da vendere. A meno che Cuomo non pensi davvero che le iniziative del Sen. Lauro di studio, di vigilanza e di contrasto al crimine organizzato in Penisola Sorrentina siano solo una messa in scena politico-elettorale! Sicuramente stupisce che il vice sindaco Giuseppe Stinga, persona di riferimento di Lauro a Sorrento, non sia ancora intervenuto sull’argomento, non tanto per difendere Lauro, quanto per affermarne la valenza e l’importanza dell’azione parlamentare su questo fronte! In questi casi, ce lo consenta Stinga, non vale il ragionamento di sedere su…una poltrona a rischio revoca! Tanto per esser chiari e per dare un senso almeno di coerente appartenenza politica anche se, dobbiamo riconoscerlo, su questo fronte Lauro è un’assoluta eccezione in casa PdL. In conclusione l’affermazione di Cuomo, sicuramente auspicabile e condivisibile da chiunque purchè suffragata da fatti, non sta purtroppo nè in cielo nè in terra:

Storicamente parlando, cioè per quello che è dato conoscere alla persona media per quanto avvenuto almeno negli ultimi 50 anni in Penisola Sorrentina!

Politicamente parlando, perchè persone sicuramente più informate e più addentro al problema, per ruoli ed esperienza sul campo, sostengono esattamente il contrario e, anzi, continuano a richiamare proprio gli Amministratori locali a mantenere alto il livello  di guardia su questo fronte.

Giudiziariamente parlando, perchè le Autorità preposte al contrasto della criminalità organizzata hanno documenti, prove con tanto di fatti e di persone coinvolte, della sostanziosa presenza e attività svolte da varie camorre in Penisola Sorrentina su cui le indagini sono sempre in corso. Basterebbe del resto approfondire la conoscenza del problema per capire come stanno effettivamente le cose e quali interessi si celano dietro ai nuovi business, oltre a quelli più tradizionali (usura e droghe incluse), che affollano Sorrento e l’intera Penisola Sorrentina. 

Amministrativamente parlando, perchè per un sindaco che conosce chi vive o viene a vivere nella sua città e compra immobili a suon di milioni di euro sarebbe sufficiente familiarizzare con certi cognomi e certe parentele per capire…o almeno sospettare!

Professionalmente parlando, perchè essendo un avvocato e un immobiliarista attivo sul territorio, certe informazioni rientrano nell’ordinaria conoscenza del proprio mercato di riferimento!

Delle due l’una: o Cuomo non è proprio consapevole del problema – e quindi secondo lui anche l’annuale relazione della DIA sulla camorra-mafia appartiene al regno degli spot – e quindi per il ruolo che occupa non può rappresentare un naturale argine istituzionale al problema come si richiede a un sindaco. Oppure ne è consapevole, ma preferisce negare l’esistenza della contaminazione criminale della sua Sorrento per salvaguardarne l’immagine turistica (?) o per altre (per lui) valide ragioni che non conosciamo! Questo, caro Sindaco, perchè dalle sue parole e dall’eco che producono ci è venuto il dubbio di non vivere nella stessa Penisola che conosciamo e allora vogliamo capire se nel mondo dei sogni ci siamo noi…o Lei!

4 commenti

  • Salvatore Caccaviello

    Quella di Politica in Penisola è senz’altro anche l’opinione della stragrande maggioranza dei sorrentini che a quanto pare non si rispecchia in quella del Primo Cittadino. A questo punto urgerebbe un momento di forte riflessione…

  • Vincenzo

    Non ne possiamo più di questa amministrazione a Sorrento; speriamo arrivino presto le elezioni e l’alternativa, che già c’è!
    Legalità! E persone per bene! E giovani! E tanto altro ancora, uno spriraglio di iniziamo a vedere……

  • Giuliano De Luca

    Ho seguito in diretta l’intervento del Sindaco che ha fatto riferimento ai recenti fatti accaduti a Vico Equense. Personalmente credo ci sia un errore di fondo ad identificare il fenomeno camorra solo laddove ci siano pistole, agguati e spari. Sappiamo tutti che oggi la camorra è ben altro, è investimenti finanziari, partecipazioni, scommesse clandestine, ecc. Attività meno “appariscenti” ma ugualmente allarmanti. Conseguentemente credo che il tentativo del Sindaco di “sminuire” l’allarme sociale sia poco efficace e fuori luogo.

  • antonio

    Invitiamo a rileggere le carte del processo arrivato fino in Cassazione nel 2006 scaturito dall’”Operazione Maglio” che nel 1993 mandò in galera personaggi eccellenti del partito “assopigliatutto” di allora la Democrazia cristiana accusata di fare affari con la camorra a partire dalla ricostruzione post terremoto (1980 in poi).
    Troverete nomi ricorrenti…Le indagini con gli interrogatori di politici, amministratori, imprenditori, camorristi hanno disegnato scenari inquietanti riguardante la spartizione territoriale, da parte della camorra in combutta con i politici corrotti , proprio della nostra penisola sorrentina.

    Rileggiamo insieme la Domanda di Autorizzazione a procedere in giudizio presentata dai Sostituti Procuratori della Repubblica Giovanni Melillo,Antonio Laudati,Luigi Gay,Paolo Mancuso, dal Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti e dal Procuratore aggiunto della Repubblica Paolo Mancuso, in data 10 giugno 1993,nei confronti del deputato di Piano di Sorrento Raffaele Russo (Camera dei Deputati XI legislatura Doc. IV n° 451), trasmessa dal Ministro di Grazia e Giustizia il 24 giugno 1993.
    Al di là della personale vicenda di Russo assolto in seguito da ogni accusa, ci interessa leggere quanto afferma Alfonso Ferrara Rosanova , figlio del boss Alf Rosanova,consigliori di Raffaele Cutolo e anche per questo ucciso nel 1982 su mandato di Carmine Alfieri nella guerra di mafia scoppiata tra la NCO(Nuova Camorra Organizzata) del boss di Ottaviano e la Nuova famiglia di Alfieri per spartirsi il businnes della ricostruzione post terremoto. Ricordiamo che lo Stato riversò nel Sud Italia dal 1980 in poi oltre 50 mila miliardi di vecchie lire, la guerra tra Cutolo e Alfieri causò la morte di migliaia di camorristi.

    Il figlio di Alf Casanova, in una testimonianza resa spontaneamente all’autorità giudiziaria, ha ricostruito i rapporti di cointeressenza affaristica tra esponenti politici dell’allora Democrazia cristiana ed esponenti di spicco della criminalità organizzata in particolare di Carmine Alfieri, vincitore della guerra contro Cutolo .
    Anche il parlamentare Alfredo Vito ex deputato democristiano ha raccontato agli inquirenti i rapporti tra Russo e Alfonso Rosanova senior, braccio destro di Cutolo.
    Ma non solo lui. Anche l’ex assessore regionale democristiano di Vico Equense Armando de Rosa,finito in manette, conferma quanto detto da Rosanova junior e Vito sul coinvolgimento di Gava e Russo nella emblematica vicenda dell’acquisto del complesso turistico “Giardino romantico” di Massalubrense. De Rosa racconta persino un particolare inedito fino a quel momento, e cioè che il senatore democristiano Francesco Patriarca di Gragnano si era adoperato per salvare la vita a Raffaele Russo.
    Lo stesso Patriarca, finito in galera per tangenti, confermerà il pieno coinvolgimento del Russo nell’acquisto del complesso alberghiero di Massalubrense.
    Racconta Patriarca:” Accadde che il Russo mi chiese di avere un incontro con il Rosanova. Io organizzai l’incontro nella mia casa di Lettere e la discussione svoltasi in mia presenza aveva ad oggetto la ricerca di un accordo fra i due soci nel senso che il Russo offrì a Rosanova di acquistare l’altro 50% invece di cedere il suo e l’accordo non si raggiunse perchè il Rosanova chiese una riduzione di prezzo che il Russo negò”.
    L’offerta del 50 per cento a Rosanova era un modo per non inimicarsi il boss che aveva tentato inutilmente di acquistare all’asta giudiziaria il complesso alberghiero acquistato invece proprio dal Russo e dal suo socio avv. Esposito per conto di una società romana Dotoli, dietro la quale secondo gli inquirenti si nascondeva lo stesso Gava Antonio.
    Russo si è sempre difeso negando tutto.
    Ferrara Casanova nella sua puntualissima ricostruzione dei fatti non ha tralasciato di ricordare che il padre aveva effettivamente pensato di uccidere il Russo, ritenendo che quest’ultimo ed il Gava, ponendosi come suoi concorrenti in affari nella zona di Massalubrense avessero gravemente violato la ferrea regola mafiosa del rispetto delle zone d’influenza(sempre secondo il Ferrara Rosanova, suo padre non si era mai ingerito in affari che riguardassero la zona di Sorrento, per non “pestare i piedi” al Gava, al quale riconosceva il controllo di tale zona).
    L’intervento mediatore di Patriarca senatore DC era quindi effettivamente servito, come il Patriarca stesso rivendicava, a salvare la vita a Russo.
    Un altro boss Pasquale Galasso, in un interrogatorio, ha dichiarato che il Rosanova era detentore di un controllo pressochè totale del sistema di vendita nelle aste giudiziarie, sia a Napoli che a Roma, così accaparrandosi, assieme ad altri malavitosi suoi soci(in particolare i fratelli Mario e Giuseppe Abbagnale)di molti beni immobili, tra i quali complessi alberghieri della penisola sorrentina.
    Più in particolare il Galasso riferiva che il Rosanova:”già dal 1974 era locatario del complesso cosiddetto “Giardino romantico” di Massalubrense(…)il Rosanova, per far calare il prezzo di vendita dell’immobile era riuscito a far andare deserta l’asta per quasi cinque anni, fino a che l’asta finale vide l’aggiudicazione del complesso da parte di politici rappresentati dal Dotoli(a sua domanda non so il nome di tali politici ma da quello che capii erano coinvolti Raffaele Russo, Francesco Patriarca ed Antonio Gava, i primi due in rappresentanza del terzo che, come al solito, non compariva, e dallo stesso Rosanova . (…)Mi raccontò Mario Abbagnale che l’accordo prevedeva che di quell’immobile il 50% fosse intestato ai Dotoli, commercianti di autoveicoli,il 25% a Rosanova e il rimanente 25% a Mario Abbagnale”.

    Omettiamo altri dettagli. Altro collegamento tra il nostro territorio e la camorra il boss Luigi Limelli, stretto alleato del gruppo Alfieri a cui il 16 giugno 1987 l’allora deputato Russo invia una missiva di ringraziamento :”Sento il dovere di esprimere un sincero grazie per la disponibilità offerta a sostegno del nostro partito(ndr la Democrazia Cristiana) e della mia persona in particolare. La stima e la fiducia che già è stata manifestata rappresenta per me un costante stimolo a perseverare negli ideali dell’impegno politico di sempre.Mi auguro di poter testimoniare la mia amicizia con vincoli di vera solidarietà. Cordialmente Raffaele Russo”. Non so quanti onesti elettori di Russo della Penisola sorrentina abbiamo mai ricevuto una lettera di ringraziamento di tale tenore. In occasione delle festività natalizie del 1988 Russo memore di tanta amicizia si premura di far pervenire al “caro Limelli” i suoi “fervidi auguri di ogni bene”…………Russo si è sempre difeso affermando che non poteva sapere se tra le migliaia di suoi elettori si nascondesse qualche camorrista.

    Questi legami, queste pericolose frequentazioni sono stati scissi o ancora restano??? I nostri funzionari e amministratori pubblici sono degli sprovveduti, non leggono i giornali e le sentenze??

    Molti protagonisti di queste tristi vicende sostengono tuttora (almeno quelli che sono rimasti in vita)che i giudici , alla fine, in appello abbiano completamente capovolto il castello accusatorio ribaltando le prime sentenze di condanna in primo grado.

    A beneficio dei troppo giovani, ricordiamo l’emblematica vicenda del caso Antonio Gava. A seguito del suo arresto, il parlamentare fu sospeso in via cautelare dal Consiglio dell’ordine degli avvocati al quale apparteneva. Dopo una traversìa giudiziaria durata tredici anni, il 19 maggio 2006 Gava venne definitivamente assolto in appello a causa di «mancata impugnazione».

    Le motivazioni della sentenza di assoluzione, tuttavia, confermano la contiguità di Gava con la camorra:

    « Ritiene la Corte che risulti provato con certezza che il Gava era consapevole dei rapporti di reciprocità funzionali esistenti tra i politici locali della sua corrente e l’organizzazione camorristica dell’Alfieri, nonché della contaminazione tra criminalità organizzata e istituzioni locali del territorio campano; è provato che lo stesso non ha svolto alcun incisivo e concreto intervento per combattere o porre un freno a tale situazione, finendo invece con il godere dei benefici elettorali da essa derivanti alla sua corrente politica: ma tale consapevole condotta dell’imputato, pur apparendo biasimevole sotto il profilo politico e morale, tanto più se si tiene conto dei poteri e doveri specifici del predetto nel periodo in cui ricoprì l’incarico di ministro degli Interni, non può di per sé ritenersi idonea ed affermarne la responsabilità penale.

    (…)

    L’imputato aveva piena consapevolezza dell’influenza esercitata dalle organizzazioni camorristiche operanti in Campania sulla formazione e/o l’attività e del collegamento dei politici locali con i camorristi, sicché non potrebbe neanche ritenersi che egli si sia interessato della politica locale senza rendersi conto del fenomeno della compenetrazione della camorra nella vita politica, alla cui gestione avrebbero provveduto, a sua insaputa, gli esponenti locali della corrente […] Appare evidente che la consapevolezza da parte dell’imputato dell’infiltrazione camorristica nella politica campana, insieme allo stretto rapporto mantenuto con gli esponenti locali della sua corrente e con le istituzioni politiche del territorio medesimo, nonché all’omissione dei possibili interventi di denuncia e lotta al sistema oramai instauratosi in zona, costituiscono elementi indiziari di rilievo da cui potersi dedurre la compenetrazione dell’imputato nel sistema medesimo, secondo quanto posto in rilievo dalla Pubblica Accusa […] Il Gava non risulta essersi concretamente attivato, quale capocorrente della Dc o nelle sue funzioni ministeriali, per porre un argine al fenomeno della contaminazione politica da parte della criminalità nel territorio campano; come nessuna iniziativa ha adottato per la sospensione dei consiglieri comunali, di cui pur conosceva la contiguità alla camorra, sospensione resa possibile dalla Legge entrata in vigore quando era ancora ministro degli Interni. »

    Dopo aver letto le Motivazioni della sentenza, vorrei ricordare a chi ha memoria corta per motivi anagrafici che in Penisola sorrentina la quasi totalità di sindaci, assessori e consiglieri di tutte le amministrazioni comunali erano democristiani, cioè del partito di Antonio Gava e nella stragrande maggioranza appartenevano proprio alla sua corrente, prima detta dei dorotei e poi del Grande Golfo…poi nel 1994 con la dissoluzione della Democrazia cristiana dopo la bufera di tangentopoli e la nascita di Forza Italia moltissimi passarono armi e bagagli nel nuovo partito berlusconiano.

    Nel corso degli interrogatori al pentito di camorra Pasquale Galasso il nome di Gava venne fuori diverse volte. Ecco una breve estrapolazione di un interrogatorio del 1993:

    « Presidente Luciano Violante: “E nessuno si era accorto che eravate là?”

    Pasquale Galasso: “No; in quel momento venni a sapere da Alfieri e Alfieri dallo stesso Nuvoletta che non c’erano problemi, neanche per quanto riguardava le forze dell’ordine che lui riusciva a controllare, riusciva a darci tranquillità. La nostra perplessità derivava dal pericolo che durante le nostre riunioni potessero intervenire i carabinieri facendo accadere un marasma. Nuvoletta invece ci ha sempre tranquillizzati e talvolta io e Alfieri abbiamo visto, scendendo da Vallesana, la masseria dei Nuvoletta, qualche auto dei carabinieri appena fuori dell’abitazione di Nuvoletta. Quella per noi era la dimostrazione che Nuvoletta era ben protetto. Ricordo che all’epoca Nuvoletta era in stretto rapporto con un politico nazionale di grosso rilievo.

    Presidente Luciano Violante: “Chi era?”

    Pasquale Galasso: “Gava. Questo perché se ne parlava durante le riunioni; talvolta io, Alfieri e qualche altro componente della sua organizzazione abbiamo pranzato con Lorenzo Nuvoletta su esplicita sua richiesta. Quindi se ne parlava perché vedevamo un’ostentata tranquillità a casa di Lorenzo Nuvoletta mentre a quell’epoca anche l’abitazione dell’ultimo malavitoso era soggetta a perquisizione. »

    (dichiarazioni rese dal pentito Pasquale Galasso alla Commissione Parlamentare Antimafia, presidente Luciano Violante, il 13 luglio del 1993).
    E veniamo alla scottante inchiesta sulla presunta trattativa Stato-Mafia, in una intercettazione telefonica pubblicata su molti quotidiani nazionali a parlare è l’ex Ministro degli Interni , l’ex democristiano Mancino che, rivolgendosi alla moglie, afferma di sentirsi solo, e di non aver fatto il nome di Gava….

    Ecco l’articolo di Repubblica sulla telefonata di Mancino che tira in ballo Gava…..

    La Repubblica 15 Giugno 2012

    “Stato-mafia, da Mancino pressioni sul Quirinale”

    PALERMO — Il 6 dicembre dell’anno scorso, il senatore Nicola Mancino uscì dal palazzo di giustizia di Palermo, dove era stato interrogato sulla trattativa
    mafia-Stato, e telefonò alla moglie. «Non ho detto niente di Gava», spiegò. E non sospettava affatto di essere intercettato dagli investigatori del centro
    operativo Dia di Palermo, su ordine della Procura. All’epoca, Mancino era solo un testimone dell’inchiesta, e lo è rimasto fino a pochi giorni fa, quando poi è stato indagato per falsa testimonianza: «Per aver taciuto in tutto o in parte ciò
    che sapeva», hanno scritto il procuratore aggiunto Ingroia e i sostituti Di Matteo,Sava e Del Bene dopo aver esaminato le intercettazioni della Dia, che sono
    proseguite per mesi.
    Cosa non avrebbe detto l’ex ministro dell’Interno Mancino sul collega di partito Antonio Gava? È adesso una delle domande attorno a cui ruota l’atto d’accusa
    della Procura di Palermo contro capimafia e rappresentanti delle istituzioni accusati di aver trattato durante la terribile estate del 1992. Ma ieri Mancino ha ribadito: «Chiarirò l’infondatezza delle accuse. Io la mafia l’ho sempre combattuta. Se trattativa ci fu, non fui certo io ad autorizzarla». È quanto Mancino ha sempre dichiarato con decisione. Ma i magistrati ribadiscono l’accusa di falsa testimonianza, anche sulla base di quanto sarebbe emerso dalle
    intercettazioni, adesso diventate pubbliche con l’avviso di chiusura dell’inchiesta.
    Il giorno dopo l’audizione in Procura, Mancino telefonò al magistrato Loris D’Ambrosio, uno dei più stimati consiglieri del presidente della Repubblica
    Giorgio Napolitano. E a lui affidò un drammatico sfogo, anche questo intercettato. Mancino dice di essere rimasto «un uomo solo», e poi aggiunge che
    «quest’uomo solo va protetto». I magistrati ritengono che anche queste parole siano rilevanti ai fini dell’inchiesta: nella telefonata, Mancino paventa addirittura la possibilità che «l’uomo solo», se resta tale, potrebbe anche chiamare in causa «altre persone». Quindi, l’ex ministro chiede a D’Ambrosio di parlare
    dell’indagine di Palermo con il presidente Napolitano, perché intervenga sui magistrati che stanno indagando sulla trattativa. Mancino chiede soprattutto che
    venga «evitato il coinvolgimento di Scalfaro», l’ex presidente della Repubblica.
    Le intercettazioni raccontano ancora di Nicola Mancino che telefona insistentemente, anche a D’Ambrosio e al procuratore di Palermo Messineo, per tentare di evitare il confronto a cui i magistrati volevano sottoporlo, con
    Claudio Martelli. L’ex ministro della Giustizia aveva spiegato ai pm di aver chiesto conto e ragione a Mancino della trattativa del Ros con Vito Ciancimino.
    «Era l’estate `92», ha spiegato Martelli. Alla fine, il confronto fra i due ex ministri si è fatto, in Procura. Mancino ha negato con decisione quel colloquio,
    Martelli l’ha confermato.
    Di tutt’altro tono è la telefonata che Mancino fece nel marzo scorso all’allora procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito, che aveva chiesto le
    carte dell’inchiesta di Caltanissetta sulla strage di via d’Amelio e la trattativa scoperta da Borsellino. All’epoca, la richiesta di Esposito era rimbalzata sui
    giornali come una bacchettata nei confronti dei magistrati. Mancino si congratulò con Esposito per quella iniziativa «in difesa dei politici», così disse. «È un segnale forte», ribadì a un suo ex collaboratore.(Salvo Palazzolo)
    A diradare queste nebbia sui rapporti tra stato mafia e camorra potrebbe dirci tanto il Sen Raffaeele Lauro Segretario di Gava e Scotti quando erano ministri degli Interni….

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